La nuova squadra

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Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


martedì 7 agosto 2007

La Vecia Ferovia

La “Vecia ferrovia” sbuffa ancora


Ed il treno vaaaaaaa……sbuffando sale e vaaaaaa……
Ma è un treno ben strano quello che risale la Val di Fiemme, da Ora a Molina, un convoglio colorato di 1200 bikers, non di carrozze. Non lo sferragliare delle ruote sulle rotaie a far scintille ma il fruscio dei copertoni sulla ghiaia; non il fischio del treno sui ponti ed alle uscite dalle gallerie ma le voci che si rincorrono e chiamano, quell’incitarsi a vicenda che aiuta. E tutti quelli come me hanno bisogno di un po’ di tifo in una gara che su 37 km ne ha 30 in salita.
Ma è stata un avventura nuovamente, iniziata una domenica mattina alle 5 con le bike da caricare sul furgone di Francesco, un caffè con Dado per svegliarsi e poi via, due ore e mezza di strada fino in Val di Fiemme, in Trentino.
Il rituale del ritiro dei pacchi gara e del numero di pettorale eppoi via a scaldare un poco le gambe prima di entrare in griglia ed attendere la partenza e lo scoprire con piacere che verrà data dall’ultimo conduttore di questo trenino dimesso nel 1960, un treno voluto e costruito dall’imperatore austro-ungarico e che per anni ha risalito la valle fino a Molina.
La gara si snoda sul tracciato di questa vecchia ferrovia tra coltivazioni di mele a distesa, salendo e salendo, senza un attimo di riposo e, con stupore, accorgermi che alcuni pedoni sono più veloci di me!!
Ed ecco la prima galleria: entro e non vedo piu nulla. I fari posizionati a far luce creano delle zone d’ombra che ti lasciano cieco ad avanzare e sentire solo il terreno sotto le ruote, terra battuta e sassi, ma andare via veloci e vedere il chiarore alla fine, l’uscita alla luce del sole.
Ed una voglia improvvisa, quella di fare tuuuuuuuuu all’uscita della galleria mi prende e mi ritrovo, con altri accanto, ad imitare il fischio del treno ridendo ( e lo abbiamo fatto per tutte e 5 le gallerie).
Ho pedalato quasi tutta la gara con un gruppo di vigili del Fuoco volontari di Molina, vestiti con le uniformi d’epoca; quel tocco di folklore locale che fa piacere avere attorno quando la posizione in classifica poco importa.
All’arrivo un attimo di panico: vedi il cartello con scritto “ 500 mt.” e pensi “ è finita” ed all’improvviso ti trovi un muro da scalare!!!
“Ma volete proprio farmi arrivare senza fiato e con la lingua sotto le ruote!!!!!”
Arranco su e sento una “mano amica” sul fondo schiena e la voce di una signora che mi dice “dai che sei arrivata..”
Passo sotto l’arco dell’arrivo, sento il mio nome ed il numero di pettorale, quel “…mamma sei fuori…” che è il mio regalo e l’unica cosa a cui penso e scendere dalla sella e far riposare i muscoli delle mie gambe che urlano vendetta.
Siamo in una bellissima pineta ed attorno c’è il solito ambaradan delle gare in mtb: gente che fa una grigliata, qualcuno prende il sole ed altri si riposano sotto le piante, i bambini si arrampicano sulle piante come Tarzan con corde tese appositamente per loro, musica e tanto colore.
E’ ora di tornare a casa, altre tre ore in macchina con calma dopo una bellissima giornata con gli amici sapendo che la Vecia ferrovia sbuffa ancora e lo farà a lungo.
Kathy Pitton