La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


mercoledì 28 settembre 2011

Ciao Gimondi Bike

Il primo amore non si dimentica mai, qualunque cosa succeda e per sempre resta quel qualche cosa di speciale, unico, che difficilmente potrai mettere in un cassetto e scordare.
Sebbene andassi in bici da anni la Gimondi è stata la mia prima gara, quella scommessa con me stessa contro tutto e tutti, quella sfida che mi serviva per vincere un'altra scommessa, un'altra battaglia che stavo perdendo ma che ho graffiato con le dita e morso fino a farla mia.
Il 2000, un anno che difficilmente dimenticherò, per mille motivi ma che ha segnato per sempre la mia pelle, dentro e fuori, facendomi salire fino al Marus in bike, scendere lungo il canalone seduta nel fango, con un vecchissimo cancello rosso che ancora sta appeso in garage e di cui non riesco a liberarmi.
Ricordo ancora la faccia di mio padre quando gli dissi “papà faccio la GimondiBike…”, l’espressione era di incredulità e forse di commiserazione, ma lui sapeva anche che la mia testardaggine era tale da consentirmi di provare, di farcela nonostante tutto, le medicine, i punti, il pallore e la pelle tirata e stanca.
Da allora sono cambiate tante cose, le gare sono diventate 40 all’anno, giro per mezza Europa oltre a tutto il nord Italia in camper inseguendo questo o quel campo di gara, ho conosciuto centinaia di persone, ho scritto dei librucoli sulle mie scorribande in mountain bike, le biciclette nel mio garage sono diventate prima due poi quattro, la mia vita ruota attorno al carrozzone colorato della mtb e dei corsi per bambini con la scuola Diavoli Rossi del mio gruppo.
Papà non c’è più ma lo immagino, ovunque sia, ad alzare gli occhi al cielo ad ogni mia gara e trasferta, sorriderebbe ad ogni bottiglia di Lambrusco come premio per l’ultimo arrivato e sento la sua voce dire “ Tu sos tute mate…” in dialetto ladino.
Ho visto questa gara crescere e cambiare; ho visto partenze da quasi 3000 persone fino a domenica scorsa con 1500 partecipanti scarsi.
L’ho corsa con il sole, la pioggia battente, fango ovunque o talmente tanta polvere da non riuscire a respirare; mi sono ritirata una volta per stanchezza estrema ed una volta mi hanno squalificato perché, secondo loro, ci avevo messo troppo poco tempo a fare la salita della Madonna del Corno.
Portai testimoni che la fecero con me ma non fui mai integrata in classifica ed è la punta di amaro che ancora mi rode dentro.
Nel 2003 mi spaccai tre costole ma arrivai al traguardo comunque e la stessa cosa feci nel 2005, caduta con trauma cranico, ma quasi mangiai quel povero cristo dell’ambulanza che voleva portarmi all’ospedale e togliermi dal tracciato di gara.
Conosco il percorso come casa mia e se spostano un sasso me ne accorgo, ne ho visto le varianti, la prova speciale di Monterotondo dove diventavi ubriaco a furia di girare in tondo all’interno del percorso fettucciato; oppure la prova speciale nella tenuta coltivata a vigna della Monterossa, bellissima ma che non finiva mai….
Negli ultimi anni si è fatta alla tenuta Contadi Castaldi a Provezze, alla fine della discesa del canalone, non mi è mai piaciuta in verità….
Comunque l’ho amata ed odiata questa gara, l’ho cavalcata, imbrigliata e domata, qualche volta mi ha fatto piangere come mi ha fatto ridere o bestemmiare, mi è entrata nel sangue come un sorso d’acqua quando si ha sete; mi sono emozionata ogni singola volta, ogni anno, quando passando in piazza sentivo gli amici chiamare il mio nome a gran voce, a vedere i componenti della squadra lungo il percorso ed alla deviazione dei pollai a fare il tifo, la signora Edith fuori dal negozio ad aspettare il mio arrivo, oppure Enrico Casagrande che aspettava il mio passaggio sotto lo striscione dell’arrivo prima di andare a pranzo… anche quando arrivavo alle due passate.
Ora Enrico non c’è più ma domenica mattina l’ho sentito li accanto a dirmi” vai Kathy” come faceva ogni anno.
Ma è stata un emozione diversa stavolta perché so che il prossimo anno non la farò.

Certo si può sempre cambiare idea, posso ripensarci quando voglio ma credo che l’11esima edizione sia stata l’ultima per me ma non perché non mi piaccia più ma perché l’ho “sentita” diversa, senz’anima e sinceramente me ne dispiaccio non poco.
Forse il malumore che serpeggiava all’arrivo tra i master per il fatto che non venissero premiati, decisione deprecabile certo ma avranno avuto i loro motivi, forse il fatto di dover pagare un iscrizione un anno prima o quasi non sapendo mai fino ad una settimana prima se il lavoro mi consentirà o meno di partecipare, forse semplicemente per il fatto che gli anni si fanno sentire e che indietro nel tempo, purtroppo, non posso andare o, semplicemente perché voglio fare altri percorsi, altre gare, vedere posti diversi e gente diversa.
Non lo so ancora di preciso, sono una serie di emozioni dentro che si muovono e che si fanno sentire, tutte mescolate tra di loro e che mi hanno fatto pensare che è meglio cosi.
Mi mancherà?
Da morire!!!
So già che il 24 settembre 2012 avrò un attacco isterico al mattino, mi auguro di avere un turno di lavoro tanto incasinato da non permettere alla mia testa di pensare alla mtb, alla discesa nel canalone, al castello di Passirano, alla salita alla Madonnina che mi ha sempre fatto penare ma un anno sabbatico dalla Gimondi me lo prendo.
Poi magari, nel 2013, sarò la prima iscritta profezia dei Maya permettendo…
Ma che cominci a correre adesso quel Maya li, perché se ha messo in piedi tutto sto ambaradan e poi i poli non si invertono, la terra non gira alla rovescia ed i mari non invadono la Svizzera giuro che lo inseguo in bici per mezzo mondo, prendo la rincorsa e magari la salita del Mafa la faccio tutta d’un fiato!

martedì 20 settembre 2011

Go fat en singol trek chel’è ‘n spetacol…..

Cosi parlo Zaratustra…anzi no, il Charly del Pedale Orcheano!
Quando ho sentito questa frase , detta da Benedetti la sera della presentazione della Urcis 6h 2011 non ho potuto che sorridere, perché, conoscendo Charlye, ho immaginato il brillio dei suoi occhi mentre lo diceva ed il sorriso disarmante di questo uomo dai 50 anni e passa che sembra un ragazzino che si diverte a combinarne di tutti i colori.
E la sera stessa ho sentito la descrizione di questa gara nuova di zecca a Pompiano e da li a mandare due righe di e-mail all’organizzazione per iscrivermi è stato un attimo.
E dire che quasi non ci vado la domenica mattina dopo il diluvio nella notte di sabato, vento, pioggia stile idrante, pensavo alle condizioni del terreno che avremmo trovato, al fango….
Ma la sveglia è regolarmente suonata alle sei del mattino, il camper era pronto e molto mogia mi sono avventurata verso la bassa.
Eppure, mentre mi avvicinavo a Trenzano lungo vie alternative, mi accorgevo che il terreno era asciutto, qualche pozzanghera qua e la ma nulla di preoccupante.
Ed eccolo il cartello Pompiano, strada asciutta e la conferma poco dopo che li, la notte precedente, non aveva minimamente piovuto!
Fantastico.
Parcheggio poco lontano dal centro sportivo, il bestione ha bisogno di spazio, due passi fino alla segreteria di gara dove il Gliso e la Grazia fanno le iscrizioni, il 77 da attaccare alla bike e via a prepararmi, mi vesto da ciclista e faccio la mia macchinetta di caffé da bere prima di partire, è un rito a cui non rinuncio.
Due giri in giro li attorno, incontro un sacco di facce conosciute e tra di loro una maglia come la mia, Michele Quaranta, fermo da un po’ nel mondo agonistico ma con una stupenda bike nuova fiammante!
Non provo mai i percorsi di gara, scaramanzia o semplice risparmio energetico, ma giro un po’ tra strada e sentieri; so che c’è un passaggio in una cava, un poco di erba e terra, sabbia… vedremo man mano dai.
Via che si parte!
Obbiettivo? 4 giri e fare il possibile per spingere sui pedali il più possibile, andar piano si ma con stile però!
Anna vola subito via, Morena sta davanti a me e faremo un bel po di tira e molla lungo il percorso ,a il terzo giro lo faccio da sola, mi ha seminato cavolo!
Poco l’asfalto, sul ciglio di cava si viaggia tra sassi e ghiaia ed un po’ di sabbia ed eccolo il famoso single track del Charlye: in 300 metri te ne fa fare 800, a zig zag su e giù e su di nuovo… bello!
Sento parecchie volte un “vai Kathy..” ma non mi ricordo le facce, un grazie lo urlacchio ogni volta ed in un attimo eccolo il traguardo, lo passo e riparto.

Ad un certo punto vengo doppiata da Ale Scotti che mi chiama per nome chiedendo strada… lo sanno che li lascio passare, basta chiedere no?
Eppoi loro lottano per la vittoria, la mia vittoria invece è arrivare in fondo, divertirmi e non farmi del male,.
Un giro dietro l’altro ed ecco la campana dell’ultimo, il quarto appunto;
vedo Morena poco più avanti e faccio di tutto per raggiungerla….ci saranno solo due secondi tra l’una e l’altra ma non riuscirò a superarla… va bene cosi in fondo, è solo un gioco, un gran bel gioco.
Torno al camper serena, so di aver dato tutto quello che avevo nelle gambe ed ora mi aspetta una bella doccia calda; ma sento l’allarme da lontano e corro verso il parcheggio.-.. un cretino ha deciso di andare addosso al mio Indy rompendomi il para urti… ovviamente l’allarme è scattato ma il danno, meglio cosi, è limitato ad un pezzo di plastica rotta.
Va beh pazienza.
Al ristoro poco dopo per due pesche e dissetarmi in attesa delle premiazioni che ci saranno, quasi due ore dopo l’arrivo… Uffa!!!!!
Forse l’unica pecca della mattinata.
Stavo avvisando Alberto chiedendogli se poteva ritirarmi il premio quando mi dice “no fermati, facciamo voi donne adesso”.
Un cesto di fiori che vale tanto come un trofeo grandissimo; è li sul tavolo del salotto in bella mostra ancora oggi.
Devo tornare a casa ora, tra un ora sarò al lavoro.
Ed inizia a piovere scaricando dal cielo tutto quanto trattenuto finora ma noi abbiamo avuto fortuna, abbiamo pedalato all’asciutto.
Al lavoro nel pomeriggio ben poca gente in giro con il diluvio che tiene banco e le mie navi partono vuote verso l’isola ma io sono contenta cosi, un pezzetto di me è ancora la che gira per la cava di ghiaia e su quel single track disegnato dal Charlye.
Alla prossima.

lunedì 12 settembre 2011

6 ore della Madonnina

68843
Sessantottomilatooocentoquarantatre!
Cosi posso riassumere la giornata di ieri:
6h mtb
8 giri
84 km percorsi
3 classificata


Mica male direi, con ancora la 24h di Val Rendena nelle gambe, un caldo micidiale che pareva di essere a luglio e non settembre, l’erba ed i campi da attraversare sulla bike, il sentiero nel bosco che sembrava un toboga ed il lungo fiume che era l’unico punto un po’ fresco del percorso che si snodava lungo il Serio.
Ma cominciamo dall’inizio va’ che è meglio.
Il Rally della Madonnina lo conoscevo già, fatto tre anni fa se non ricordo male con tanto di tonfo a meta percorso sulle radici del sentiero nel bosco ma stavolta pare diverso, da cross country ad una endurance di 6 ore che fa parte del circuito dei Tre Fiumi.
Interessante la cosa, come si fa a non andarci?
E mando l’iscrizione naturalmente, alle sei del mattino suona la sveglia, la bike a bordo e via che si parte!
Non sono molti i chilometri da fare, una cinquantina circa ed in un ora sono a Madignano, alle porte di Crema e dopo aver girato per le strade del paese ecco il parcheggio messo a disposizione dall’organizzazione.
Parcheggiare il camper non sempre è facile, non è per nulla piccolo ma eccomi sistemata in modo da non dar fastidio a nessuno.
Scendo e mi avvio verso la segreteria, ritiro il mio numero ed il pacco gara, una bottiglia di vino ed un pacco di pasta, una serie di bustine di integratori ed un cappellino offerto dallo sponsor e, come sempre, il signor Gaioni della Tagracer mi prende in giro……
Ormai sembra un rito, accetto le battute sul mio andar piano e rispondo che tanto arrivo anche io, prima o poi…
Me ne torno al camper, preparo una moka intera da sei di caffé, mi siedo e bevo il mio caldo “doping” con una fetta di torta di mele; il tempo scorre piano piano ed ho il tempo per organizzarmi, guardare la gente che arriva ed il parterre di gara che si anima di gazebo colorati delle varie squadre, saluto gli amici ed i conoscenti e chiacchiero un pezzetto con Alfio che fa da speaker oggi.
Attacco il numero a Valchiria, preparo me stessa ricordandomi del braccialetto da mettere al polso come identificativo di corridore solitario, metto il chip elettronico adesivo sul casco ed eccomi pronta per questa nuova avventura.
Obbiettivo?
Sei giri, uno all’ora.
Se poi avrò la forza o la voglia di farne di più, ben vengano.
Salto in sella alla bike e gironzolo li attorno, scambio due chiacchiere con Grazia Bazza parlando dei figli che crescono e di mille altre cose, due amiche/rivali sui pedali, cinquantenni con figlie che studiano alle prese con le trasferte all’estero e con le chiacchiere dei conoscenti che ci danno delle matte scatenate per il fatto che, al compimento dei 50 anni, hanno preferito una bici nuova al brillantino….ma il brillante lo si può avere anche a 60 anni, la bici magari un po’ meno dice giustamente Grazia e non posso che darle ragione!
Eppoi noi siamo giovani dentro, di ciò che dice la gente non ce ne può fregare di meno!
Le undici si avvicinano e si deve partire in stile Le Mans, un giro di corsa per raggiungere la bicicletta e saltare in sella ed iniziare a pedalare lungo il percorso di 11 km circa tra argini, sentieri nel bosco, erba e campi di mais mietuto dove gli spuntoni fanno danni se non stai attendo a dove metti le ruote.
Il primo giro è una sorta di ricognizione ed essendo cosi lungo, nonostante si sia in parecchi a correre, lo si fa quasi in solitaria e devo dire che non è male, anzi, non hai l’ansia di intralciare chi ha fretta e forse solo il sentiero nel bosco rende i sorpassi un poco difficoltosi, per il resto ognuno fa la propria gara.
Le squadre ovviamente vanno velocissime, i solitari hanno tutti un andatura più soft ma mi piace passare lungo il fiume e sotto le piante che riparano dal sole che batte inesorabile e brucia quanti, come me, ha la pelle chiara che si scotta facilmente.
Ormai ho il segno perenne delle maniche della maglia e dei pantaloncini, una specie di tatuaggio che non vuole saperne di andarsene nonostante le esposizioni a sole e qualche lampada per cercare di uniformare tutto e meno male che sono riuscita a far scomparire il segno dei guanti, facevo ridere con le mani bianco latte mentre le braccia sono scure.. o meglio color albicocca, l’abbronzatura dei biondi insomma.
Alla fine del sentiero nel bosco, prima di immettermi sulla sterrata che porta al lungo passaggio sull’argine, c’è uno degli operatori della protezione civile, un ragazzo pressappoco mio coetaneo pelato, con due baffoni alla Umberto di Savoia con tanto di orecchino da pirata che è uno spettacolo!
Ad di la del fatto che è gentilissimo e che per tutte le sei ore, quando passavo di li, mi faceva un sorriso, tant’è che gli ho promesso che all’ultimo giro mi sarei fermata a baciarlo.
Giro dopo giro i chilometri aumentano, la stanchezza anche, la sete non da tregua e mi fermo a bere, mangiare frutta ed a riempire la borraccia, piccole soste di qualche minuto per poi ripartire e riprendere la corsa; fino alle 15 non ho mai guardato la classifica, so che siamo in cinque solitarie femminili, vorrei non essere ultima, il resto non conta più di tanto ma ad un certo punto, non ricordo chi, forse Fruttolo degli Mbo ( perché vende frutta e verdura), mi urla che sono terza ad un giro…
Ed allora decido che la terza posizione non me la porta via nessuno, pedalo il settimo giro, già uno in più di quanto avevo preventivato, cercando di mettercela tutta, di dare tutto quello che mi era rimasto nelle gambe e nella testa, di buttare sui pedali tutta la passione per la vita e questo sport che ho dentro, dedicando ogni pedalata ad un pensiero, ad un sorriso che sarà mio per sempre.
Ed ho potuto farne ancora uno dopo, l’ottavo giro, con fatica perché effettivamente non ne avevo più, guardando il conta chilometri che si avvicinava agli ottanta km macinati e fermandomi per baciare quel ragazzo con i baffoni alla fine del mio ottavo passaggio.
Ne ha sorriso e riso con me, scambiando due parole per un attimo ed incitandomi a ripartire e terminare la gara, cosa che ho fatto, con molta calma, finendo la mia endurance di 6 ore in 5h 59 minuti, con otto giri all’attivo ed in terza posizione.
Certo che se paragonata alla performance della mitica Astrid con i suoi 15 giri dovrei nascondermi ma lei è irraggiungibile, una donna d’acciaio che sfida tutto e tutti vincendo gare durissime e lunghe da matti; accanto a lei sono solo una formica ma mi piace starle accanto.
Una lunga doccia mi trasforma nuovamente in una persona pulita e presentabile, avevo le gambe arancione dalla polvere attaccata addosso e non mi sono guardata in volto ma credo fossi dello stesso colore; capelli umidi ed odorosi di shampoo, la maglia della squadra pulita e via alle premiazioni ed al pasta party seduta in compagnia dei ragazzi dell’Mbo, un boccale di birra alla spina accompagna la pasta e la carne offerta dall’organizzazione a tutti i partecipanti.
Le donne vengono premiate per prime e, quando tocca a me salire sul podio, mi danno una stupenda targa che metterò con le altre sulla libreria in casa, i complimenti e gli applausi, le foto ricordo….
Continuo a dire che smetto, che le gare è ora di lasciarle alle giovani ma è una specie di droga, quella dose di adrenalina che mi fa andare avanti serena, consapevole del fatto che posso ancora farcela, che il fuoco dentro a Ironkate non si è ancora spento e che, in fondo, va bene cosi.
Fino alla prossima.

venerdì 9 settembre 2011

Diavolo Rosso...Grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr

Siamo o no dei Diavoli Rossi?
Ed allora vi presento Reddy, il compagno di viaggio da qua in avanti.
Occhio a non rompere perchè il forcone buca le chiappe!

Le tentazioni di una figlia

.....Visto il morale ballerino di questi giorni, la mia ragazzina decide di tirar su la mamma con una dose zuccherina e yogurtosa di torta ai lamponi che ADORO!!!!!!!!!!!
C'è anche qualche mirtillo ma i lamponi... I LAMPONIIIIIIIIIIIIIIIIII sono tuttti miei.
Che buona.
Grazie Elsa

martedì 6 settembre 2011

Sola sui pedali

24h Val Rendena 2011

Solitario.
La definizione etimologica sta per “persona sola, incline alla solitudine per scelta”…. Credo si adatti un poco a me in questo periodo ed in particolare per quanto riguarda la mtb.
Scegliere di fare una 24h in solitaria è un po’ come mettere in gioco se stessi contro tutto e tutti, provare a scavalcare i limiti della resistenza fisica e mentale innanzitutto, mettendo a nudo resistenza, allenamento, paure e pensieri, tutto quello che nella vita di ogni giorno è al margine, in queste competizioni diviene primario, principale, al centro di ogni cosa, di ogni singolo minuto.
E se lo sai, perché più volte lo hai fatto e provato, allora diviene un richiamo simile al canto di una sirena, un qualche cosa che spaventa ma attira al contempo, una sfida a cui non vuoi o non sai rinunciare.
E se poi la bellezza dei luoghi e della competizione stessa sono unici, se l’organizzazione fa di tutto per metterti al centro dell’evento in se, beh allora ci vai senza pensarci troppo.
Ho atteso di vedere i turni di lavoro del mese di settembre prima di mandare l’iscrizione, ma già ero pronta giorni prima con la mia casetta su ruote con le cisterne piene, il frigorifero funzionante e tutto quanto potesse servirmi per la trasferta.

Venerdì al lavoro fino alle 17.30, una volata a casa per mettere la bike a bordo, passaggio del portafoglio dalla borsa da lavoro allo zaino e via, verso la tangenziale e la Valle Sabbia seguendo il lago d’Idro fino in Trentino ed il paese di Strembo.
Sono due ore di guida ed arriverò alle 20.30, su per giù l’orario che avevo previsto, parcheggio nell’immenso spazio per camper messo a disposizione dall’organizzazione, ci metto un momento ad attrezzare l’area (tenda, tavolo, sedie, cunei per le ruote) ed è ora di cenare, la fame si fa sentire.
L’accampamento è già pieno di gente, tende, camper, gazebo colorati con i loghi delle varie squadre, vedo facce note e lo scambio dei saluti è la parte più bella dell’incontro.
Tanti si meravigliano del fatto che, stavolta, sia veramente in solitaria, nessun famigliare, nessuno della squadra, sola con me stessa e con i miei pensieri ma forse è meglio cosi.
Un giro a tendone che ospita la serata musicale e, nonostante ci sia la possibilità di cenare li, decido per un piatto di pasta da cucinare sul camper, un pezzo di film alla tv ed a nanna presto.
Appoggio il telefono sul letto mentre ceno, guardo le immagini di un vecchio film poliziesco scorrere sullo schermo e decido di mandare la buona notte a mia figlia ma il mio telefono ha altre idee…. Si è infatti spento e non ci sono storie, non si accende più! E dire che non è scarico, provo a mettere e togliere la batteria più volte ma nulla da fare, morto.
Alla faccia dell’alta tecnologia….
Vado a nanna, guardo il cielo e vedo le stelle dall’oblò superiore, spero restino a brillare lassù visto che le previsioni davano acqua per questo fine settimana.
Mi sono svegliata al mattino dopo alle nove, incredibile quante ore sia riuscita a dormire visto che a casa giro per le stanze tutta notte lottando con un insonnia che mi tormenta da mesi; colazione con calma, una passeggiata fino in centro al municipio per il ritiro del pacco gara e del numero da attaccare alla bike, deviazione fino alla bottega del paesino per l’acquisto delle tre cose che voglio portare a casa e me ne torno al camper per preparare me e la mia Valchiria alla lunga scorrazzata per le stradine della gara.
Alcuni dicono che il percorso è diverso dallo scorso anno, che è più lungo e tecnico, altri che è più corto ma con delle salitone… beh vedrò al momento, non mi passa neppure per l’anticamera del cervello di provarlo, ho 24 ore di tempo per farlo con calma e senza troppa fretta.
Chiedo in prestito il cellulare ad uno dei ragazzi del Team Novagli per fare uno squillo a casa altrimenti mi danno per dispersa e tolgo finalmente la mia cavallina dal gavone, la piazzo sul cavalletto e me la guardo in palese adorazione.. e si, la mia Valchiria è proprio carina, con quell’aria vissuta data dalle ammaccature lasciate dalle cadute, dai graffi sul telaio che la fanno sembrare una vecchia signora come me, ma con stile però!
Si perché sotto la polvere depositata dal tempo batte un cuore da guerriera che pulsa, ama e non dimentica mai un percorso, non smarrisce la strada su di un sentiero e riconosce le tracce lasciate anno dopo anno perché il tempo passa ma i ricordi restano, per sempre.
La lucido, olio alla catena, pulisco i cerchioni e vedo un pezzetto di legno che sembra uscire dal copertone posteriore, accanto al cerchione, cerco di toglierlo ed in un attimo si leva la schiuma dell’ultimo fast messo all’interno del copertone… sembrava nevicasse col fischio!
Cavolo era piantato profondamente nel copertone ed una volta uscitone lascia un taglio di due centimetri che non posso riparare; vado ne panico, ed adesso che faccio?
Ho una marea di pezzi di ricambio, catene, un deragliatore, di tutto ma un copertone no…. Ma uffaaaaaaaa.
Di corsa verso il traguardo dove c’è l’assistenza meccanica, non lo possono riparare e devo cambiare il copertone che non hanno li però.

Sinceramente ho pensato di dover rinunciare alla gara.
Ma sono in debito con quei ragazzi, uno è partito in moto per andare a prendere un copertone che andasse bene, mi hanno cambiato tutto e messa in condizioni di partire, alle 11.50 mi hanno consegnato Valchiria con anche il cambio regolato ed alle 12 ero alla partenza.
Tranquilla però, una specie di calma apparente mi ha presa ed è stata la mia compagna per molte ore.
Essendo sola l’obbiettivo era non farsi del male per poter tornare a casa sulle mie gambe; avevo preparato tutto quanto potesse essermi utile quali borracce, barrette e panini, sistemato tutto sul tavolo sotto la veranda in modo che, dal percorso, potessi uscire ed in pochi metri trovassi tutto quanto mi servisse.
Via che si parte, segui la biga dei ragazzi romani, inizio il lungo giro che ci porterà fino alla fontana di Caderzone e da li in poi il percorso è molto diverso dallo scorso anno, non più sulla ciclabile ma sul ponte fino alla tre rampe in salita sterrate ma anziché salire lungo la strada provinciale che porta a Bocenago, si gira nel campo verso la strada bianca che segue il fiume fino all’altro ponte, strappone in salita sopra la galleria della tangenziale, salita lungo la sterrata fino al campo da golf che non si attraversa quest’anno ma si lambisce, salita sui ciottoli del centro storico fino al vicolo con le scale e ritorno e poi giù sulla lunga discesa nel campo fino alla rampa da fare a tutta altrimenti ti pianti e di nuovo giù fino a quella specie di discesa modello argine che di solito non faccio per paura, sotto un ponte, sterrata lungo il fiume, di nuovo sul ponte, argine e zigzag fino all’arrivo e si riparte.
E si è diverso dallo scorso anno.
L’obbiettivo è quello di fare due giri più dello scorso anno con calma.
Fino alle sette di sera continuo a girare, con calma, senza fermarmi se non per una borraccia da riempire, un piatto di pasta per ripartire con la benzina nelle gambe e la decisione di riposare un poco verso le 22.
Mi ritiro in camper ed ho giusto il tempo di togliermi la maglia bagnata di sudore che sento le prime gocce di pioggia sul tetto.
Faccio al doccia con calma, mi faccio un the caldo e decido di dormire un po’….ma le braccia fanno male, i polsi sono doloranti per le vibrazioni della bici in discesa lungo quei campi; a furia di passare centinaia di volte, le ruote artigliate hanno scavato solchi e piccole buche che fanno vibrare le bici in velocità…..non si dorme insomma.
Ma girare di notte con la pioggia è un'altra storia.
La polvere si è posata, questo si, ma devi indovinare la scia lasciata da altre bici, quel vedo non vedo che rende tutto più complicato e speri che nel frattempo non sia caduta una borraccia o che una radice, a furia di passarci sopra, non sia affiorata rendendo il percorso infido.
Ed allora, dopo essere scesa lungo la zampetta che porta sulla strada sterrata che porta al ponte ed aver sentito la ruota dietro scodare ed aver salvato capre e cavoli all’ultimo secondo, decido che di notte vado a riposare, e se ne riparla domattina.
Ma il sonno non arriva e sentirò la musica della festa nel tendone tutta notte ed alle sei dei mattino mi preparo una minestra calda con pane e formaggio, un caffè e riparto nell’alba fresca e nuvolosa.
Ma la fortuna ci ha sorriso….il tempo tiene e solo qualche goccia una volta ogni tanto verrà a raffreddare le braccia.
Saranno molte le volte in cui mi fermerò al ristoro per un caffé, e molte saranno le volte in cui mi fermerò ad accettare il caffé di un ragazzo che fa assistenza a Mister Titti lungo il percorso; mi offrirà anche brioche e biscotti in verità ma ho sempre declinato l’offerta.
Poco alla volta la mattina scorre ed è quasi mezzogiorno.
Lorenza Menapace si è ritirata dalla competizione cosi come Sandra Lever e mi dispiace saperlo; Astrid de Rosa sarà la vincitrice di categoria con un numero di km impressionante nelle gambe, 400 circa.
L’ultimo giro lo farò con Anna Facchi, nuova reginetta dell’endurance nazionale, terza con 350 km all’attivo, un sorriso disarmante d una simpatia contagiosa, taglierò il traguardo con lei con le lacrime agli occhi, stanchezza, felicità, consapevolezza, orgogliosa di aver terminato una gara lunga e dura e di aver macinato 278 km.
Forse accanto ai numeri di altre ragazze è una piccolezza ma io ho fatto quanto mi sono sentita di fare, senza sforzi sovrumani ma senza mollare perché questo è ciò che sono.
La doccia lava fatica e polvere, il piatto di pasta toglie una fame che in fondo non c’è, le premiazioni ti danno quell’attimo di gloria sul palco che non sempre cerco ma che resterà nelle foto e nella memoria con u piacevole sorriso.
Si deve tornare a casa ora.
Poco alla volta il campo si svuota e sotto un acqua torrenziale parto; poco dopo sarò ferma lungo la strada per un brutto incidente occorso ad uno dei partecipanti alla gara, forse la velocità sull’asfalto bagnato o forse ancora l’incoscienza, fatto sta che mi spiace vedere le bici a lato strada deformate dalla botta, un carrello staccato e ribaltato e le due macchine scontratesi frontalmente, mi fa male pensare che fino a poc’anzi quel ragazzo era in sella sorridente seppur stanco ed ora è li, ferito… ma non quelle ferite che noi biker chiamiamo medaglie, tutt’altro purtroppo.
Ci fanno deviare lungo una strada laterale e poi si riparte.

Sembra che questo temporale non dia tregua e lungo le sponde del lago d’Idro si va a 30 all’ora, non di più. E sulle coste verso Odolo e Nave sarà ancora peggio, con un fiume d’acqua arancione piena di detriti che scende lungo la discesa ed i tornanti, rendendo non certo facile la guida alle piccole auto che mi precedono mentre il mio camper, ingombrante quanto vuoi ma pesante 4 tonnellate, fende il fiume d’acqua senza grossi problemi se non le mie paure di non riuscire a tenerlo in strada, stanca da matti e con tanto sonno arretrato.
Ma presto sarò verso la città e da li verso casa lungo la tangenziale, mentre mi lascio alle spalle la pioggia e la mia lunga cavalcata in sella.
Ogni volta sembra che sia passato un solo attimo dalla partenza al ritorno e mentre son li, a togliere divise sporche e bike dal camper per riporre e lavare tutto, i pensieri immancabilmente vanno a ieri, alla gara, a quel poco che magari avrei potuto fare in più o forse in meno, a quanto mi sarebbe piaciuto avere qualcuno accanto che pedalasse con me o solo a farmi un sorriso quando mi fermavo per riposare ma non è cosi purtroppo.
Solitari si nasce o lo si diventa, nella vita o sui pedali e diventa una scelta semplicemente perché non puoi far diversamente.
Ora sto guardando le previsioni del tempo per il prossimo fine settimana, c’è un'altra piccola endurance poco lontana da casa, ho già calcolato la rotta per il mio navigatore ed il mio “bestione” su ruote, in un ora e mezza sarò la…..