Il primo amore non si dimentica mai, qualunque cosa succeda e per sempre resta quel qualche cosa di speciale, unico, che difficilmente potrai mettere in un cassetto e scordare.
Sebbene andassi in bici da anni la Gimondi è stata la mia prima gara, quella scommessa con me stessa contro tutto e tutti, quella sfida che mi serviva per vincere un'altra scommessa, un'altra battaglia che stavo perdendo ma che ho graffiato con le dita e morso fino a farla mia.
Il 2000, un anno che difficilmente dimenticherò, per mille motivi ma che ha segnato per sempre la mia pelle, dentro e fuori, facendomi salire fino al Marus in bike, scendere lungo il canalone seduta nel fango, con un vecchissimo cancello rosso che ancora sta appeso in garage e di cui non riesco a liberarmi.Ricordo ancora la faccia di mio padre quando gli dissi “papà faccio la GimondiBike…”, l’espressione era di incredulità e forse di commiserazione, ma lui sapeva anche che la mia testardaggine era tale da consentirmi di provare, di farcela nonostante tutto, le medicine, i punti, il pallore e la pelle tirata e stanca.
Da allora sono cambiate tante cose, le gare sono diventate 40 all’anno, giro per mezza Europa oltre a tutto il nord Italia in camper inseguendo questo o quel campo di gara, ho conosciuto centinaia di persone, ho scritto dei librucoli sulle mie scorribande in mountain bike, le biciclette nel mio garage sono diventate prima due poi quattro, la mia vita ruota attorno al carrozzone colorato della mtb e dei corsi per bambini con la scuola Diavoli Rossi del mio gruppo.
Papà non c’è più ma lo immagino, ovunque sia, ad alzare gli occhi al cielo ad ogni mia gara e trasferta, sorriderebbe ad ogni bottiglia di Lambrusco come premio per l’ultimo arrivato e sento la sua voce dire “ Tu sos tute mate…” in dialetto ladino.
Ho visto questa gara crescere e cambiare; ho visto partenze da quasi 3000 persone fino a domenica scorsa con 1500 partecipanti scarsi.
L’ho corsa con il sole, la pioggia battente, fango ovunque o talmente tanta polvere da non riuscire a respirare; mi sono ritirata una volta per stanchezza estrema ed una volta mi hanno squalificato perché, secondo loro, ci avevo messo troppo poco tempo a fare la salita della Madonna del Corno.
Portai testimoni che la fecero con me ma non fui mai integrata in classifica ed è la punta di amaro che ancora mi rode dentro.
Nel 2003 mi spaccai tre costole ma arrivai al traguardo comunque e la stessa cosa feci nel 2005, caduta con trauma cranico, ma quasi mangiai quel povero cristo dell’ambulanza che voleva portarmi all’ospedale e togliermi dal tracciato di gara.
Conosco il percorso come casa mia e se spostano un sasso me ne accorgo, ne ho visto le varianti, la prova speciale di Monterotondo dove diventavi ubriaco a furia di girare in tondo all’interno del percorso fettucciato; oppure la prova speciale nella tenuta coltivata a vigna della Monterossa, bellissima ma che non finiva mai….
Negli ultimi anni si è fatta alla tenuta Contadi Castaldi a Provezze, alla fine della discesa del canalone, non mi è mai piaciuta in verità….
Comunque l’ho amata ed odiata questa gara, l’ho cavalcata, imbrigliata e domata, qualche volta mi ha fatto piangere come mi ha fatto ridere o bestemmiare, mi è entrata nel sangue come un sorso d’acqua quando si ha sete; mi sono emozionata ogni singola volta, ogni anno, quando passando in piazza sentivo gli amici chiamare il mio nome a gran voce, a vedere i componenti della squadra lungo il percorso ed alla deviazione dei pollai a fare il tifo, la signora Edith fuori dal negozio ad aspettare il mio arrivo, oppure Enrico Casagrande che aspettava il mio passaggio sotto lo striscione dell’arrivo prima di andare a pranzo… anche quando arrivavo alle due passate.
Ora Enrico non c’è più ma domenica mattina l’ho sentito li accanto a dirmi” vai Kathy” come faceva ogni anno.
Ma è stata un emozione diversa stavolta perché so che il prossimo anno non la farò.
Certo si può sempre cambiare idea, posso ripensarci quando voglio ma credo che l’11esima edizione sia stata l’ultima per me ma non perché non mi piaccia più ma perché l’ho “sentita” diversa, senz’anima e sinceramente me ne dispiaccio non poco.
Forse il malumore che serpeggiava all’arrivo tra i master per il fatto che non venissero premiati, decisione deprecabile certo ma avranno avuto i loro motivi, forse il fatto di dover pagare un iscrizione un anno prima o quasi non sapendo mai fino ad una settimana prima se il lavoro mi consentirà o meno di partecipare, forse semplicemente per il fatto che gli anni si fanno sentire e che indietro nel tempo, purtroppo, non posso andare o, semplicemente perché voglio fare altri percorsi, altre gare, vedere posti diversi e gente diversa.
Non lo so ancora di preciso, sono una serie di emozioni dentro che si muovono e che si fanno sentire, tutte mescolate tra di loro e che mi hanno fatto pensare che è meglio cosi.
Mi mancherà?
Da morire!!!
So già che il 24 settembre 2012 avrò un attacco isterico al mattino, mi auguro di avere un turno di lavoro tanto incasinato da non permettere alla mia testa di pensare alla mtb, alla discesa nel canalone, al castello di Passirano, alla salita alla Madonnina che mi ha sempre fatto penare ma un anno sabbatico dalla Gimondi me lo prendo.
Poi magari, nel 2013, sarò la prima iscritta profezia dei Maya permettendo…
Ma che cominci a correre adesso quel Maya li, perché se ha messo in piedi tutto sto ambaradan e poi i poli non si invertono, la terra non gira alla rovescia ed i mari non invadono la Svizzera giuro che lo inseguo in bici per mezzo mondo, prendo la rincorsa e magari la salita del Mafa la faccio tutta d’un fiato!
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