La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


martedì 31 gennaio 2012

Trofeo Angela Merici-Desenzano


Si comincia a Desenzano….in salita!!!!!

Ahi!
Ecco cosa ho detto allo squillare della sveglia domenica mattina.
Mi scricchiolavano giusto un pochetto le ginocchia, avevo la schiena che decisamente dolorava nello scendere le scale ma avevo preparato la sacca ieri sera nel tornare dalla montagna dove avevo corso sulla neve con degli amici.
Una tazza di the bollente con la mano che faceva da reggi-mento per non crollare nuovamente addormentata e quei pensieri del tipo –vado o non vado- ma ormai sono in piedi e si va.
Bike in macchina vestita calda perché fa un freddo dell’accidenti e via lungo la tangenziale verso il lago di Garda e Desenzano dove c’è la 3° edizione del Trofeo di Cantù S, Angela Merici.
Credo di aver fatto tutte le edizioni di questa gara che, quest ’anno, è parte del neonato circuito del Gliso, il 4C, 16 gare di mtb organizzate dal Csi di Brescia.
Sono iscritta al circuito, non so quante ne farò alla fine ma cercherò di essere presente sui campi di gara ogni qualvolta il lavoro me lo permetterà.
Arrivo al parcheggio del mobilificio che fa da sponsor, ritiro il numero che mi accompagnerà praticamente fino a fine stagione, il 447, e via in macchina verso il campo sportivo…..ma non si partirà da li stavolta bensì dal lungolago di fronte all’Hotel Mayer.
Ed allora scendo lungo la strada in discesa fino al lago e mi rendo conto che è lunga, davvero lunga… e sarà da fare in salita stavolta… cavolo!
Con la forma di bradipo che ho ultimamente sarà una ben lunga lotta arrivare fin lassù ma ormai siamo in ballo ed allora che le danze inizino, quel che viene poi si vedrà.
Pronti via, un po’ di caos come sempre per le griglie e la partenza a velocità controllata fin su dietro l’ospedale per poi immettersi nel percorso vero e proprio e cominciare a pedalare davvero.
Avevo preventivato due giri e due li ho fatti, con tanta fatica devo ammettere, ed ho messo i piedi a terra più volte in alcune salite ma sono arrivata al traguardo comunque, 6° ed ultima donna ma quello poco importa.
Mentre scendevo per il lungo single track la moto mi stava incollata dietro ed ho chiesto cortesemente al ragazzo se potesse evitare di stare cosi vicino, mi metteva sinceramente paura… è stato cortese ed è andato avanti, aspettandomi agli incroci.
Ho fatto gli ultimi chilometri in solitudine ma non mi turba sta cosa, l’ho sempre fatto del resto.
L’ultima discesa, l’arrivo praticamente in solitaria con solamente la Grazia a smontare le fettucce tirate sul campo, mi ha scattato la foto di rito come ogni volta dicendomi “ ero sicura che saresti arrivata”.
Eh si, ormai lo sanno, vado piano ma arrivo.
Ho rimesso Valchiria in macchina, mi sono tolta le maglie fradice di sudore nonostante il freddo pungente mentre i ragazzi della Painted War rientravano dal percorso… li avevo incontrati mentre pedalavo durante la gara, fanno la loro guerra personale a suon di colpi di cartucce colorate segnano il “nemico” e vincendo o perdendo le loro battaglie.
Vedete, ognuno di noi combatte a modo suo, chi correndo nella neve di notte come ho fatto ieri notte, chi correndo in salita come sta facendo un grande amico allenandosi per una gara di corsa extreme, come ho rifatto io stamane in sella alla mia bicicletta cercando di non restare troppo indietro rispetto al gruppo e come farò ancora nelle prossime settimane, ognuno alla ricerca del proprio Santo Graal, quel premio tutto personale che gratifica fatica e sudore, dolore e sangue e che poco ha a che vedere con una coppa o una medaglia.
Torno al mobilificio ed al ristoro the bollente e panettone scaldano mani e corpo ancora infreddoliti, due chiacchiere con gli amici e poi il saluto ad Alberto e Grazia, tanto il mio premio l’ho avuto potendo venire qua.
Ci si vede la prossima domenica, sicuramente in sella e forse con la neve ma sempre col sorriso sul viso perché la mia vita è soprattutto questo.



domenica 29 gennaio 2012

Artù ed i cavalieri della tavola quadrata



Ma non il re però…ma un bellissimo cagnolotto compagno di Marina, amica di Barbara, conosciuta sabato sera alla camminata sotto le stelle di Borno, sotto una candida nevicata che ci ha accompagnato per le tre ore occorse per ultimare il percorso della ciaspolata.

Eravamo in sei, ed Artù ci ha prima annusati ben bene per capire se eravamo simpatici oppure no, ha deciso che dall’odore potevamo esser parte del suo branco e da allora è stato uno spettacolo vederlo correre avanti ed indietro, sul sentiero che da Croce di Salven ci ha portato fino al laghetto e poi su fin quasi all’Altissimo.

Ed è iniziata cosi una bella serata cominciata con uno dei tanti volantini raccattati qua e la, il metterci d’accordo per andarci assieme, partire alle tre e mezza del pomeriggio con le ciaspole al seguito e via verso la valle Canonica.
Il cielo era gia cupo dal mattino, dalla finestra dell’ufficio guardavo le gocce di pioggia scendere piano mentre su in montagna la neve imbiancava tutto.
In macchina si parlava del più e del meno come sempre, stretti nel grosso suv di Francesco che ad un certo punto decide di uscire dalla tangenziale e scendere a Pianborno…..
Il volantino diceva che questa camminata era organizzata dall’oratorio di questo paese ma la montagna era da un'altra parte e se si imposta il navigatore in modo sbagliato si fanno giri strani ma prima o poi si arriva.

Nell’iniziare a salire lungo la strada della Malegno Borno le gocce di pioggia si sono trasformate prima in nevischio e poi in una candida nevicata che copriva tutto.
Dal centro di Borno abbiamo continuato a salire fino alla Croce di Salven, parcheggiato sulla strada e continuato a piedi fino alla colonia dove abbiamo ritirato numero di pettorale e torcia come regalo, bevuto un caffè ed aspettato le sei, ora di partenza della camminata.
Una lunga strada, che in estate deve essere uno spettacolo da percorrere in mountain bike, ricoperta di neve, si snoda nel bosco salendo piano fino ai prati in cima alla montagna; l’attenzione da porre per le tante lastre di ghiaccio dove si scivola non poco visto che, da pirlotti, abbiamo lasciato le ciaspole in macchina pensando che tanto di neve ce ne sarà poca… alla faccia del poco.
Fintanto siamo stati sulla strada sterrata ok ma nell’uscire dalla copertura del bosco si sprofondava fino a metà polpaccio ed Artù qualche volta spariva del tutto all’interno di un qualche cumulo di neve! Ma quando non sprofondava era uno spettacolo sto batuffolo di cane, praticamente correva avanti ed indietro tra quelli che lui definiva i suoi compagni e dalle mie gambe correva a quelle di Francesco, poi di corsa fino a Barbara che apriva le fila per poi tornate, una bomba energetica concentrata in un tesserino di 10 chili scarsi.
Troppo forte.
Mentre risalivamo la montagna Francesco ed io abbiamo parlato di viaggi, di bici, di gare….il nostro mondo insomma.
E’ bello essere tra amici che condividono le tue passioni, capiscono ciò che provi e ciò che senti ma soprattutto quello che cerchi, quello che ti spinge ad andare e cercare nuove vie, nuove sensazioni ed emozioni, senza porti la solita domanda…perché lo fai……
In cima, dopo quasi un ora e mezza di camminata, il ristoro con i falò accesi, la musica di due zampognari, il sapore dolce del the caldo e del vin brulè e la squisitezza della Sfongada della valle, un dolce tipico buonissimo il cui sapore mi ricorda i dolci mangiati da ragazzina.
Una piccola pausa, ci si scalda alla luce del falò, si ascolta la strana musica delle zampogne e poi via verso la valle; si chiama Val Sorda, forse per il silenzio magico di questa notte in cui i suoni sono attutiti dalla neve che cade e tutto imbianca facendo si che le nostre tracce restino sul sentiero.
Non c’è tantissima gente, forse la neve che cade cosi copiosa ha fatto cambiare idea a molti ma per me è come magia pura.
Il silenzio, le fiaccole accese lungo il percorso, il fatto che resto volutamente indietro per non parlare e non sentire le voci di altri rende questo posto un luogo dove tornare, magari la prossima estate, in bike con la compagnia di qualche amico ciclista.
Dopo tre ore siamo nuovamente al rifugio, si torna alla macchina, ci si cambia e si scende verso il paese.
Siamo affamati e stanchi per cui la prima insegna è come una sirena che chiama a se e ci si ferma.
Si vede lontano un chilometro che abbiamo fatto una ciaspolata, siamo vestiti con pile e scarponi da montagna, abbiamo ancora il numero attaccato al collo e lo zaino in spalla ed abbiamo una fame del diavolo ed ecco che ci si accomoda attorno ad una tavola….quadrata però, non rotonda come vorrebbe la tradizione delle leggende Arthuriane.
Un ora passa tra i piatti tipici di questa Valle che si affaccia sul nostro lago, siamo a casa ma sembra un altro mondo, un oasi di silenzio parallela al nostro caos quotidiano.
Dopo cena si torna a valle quasi in silenzio, forse abbiamo assimilato un po’ di quel silenzio in Val Sorda e vogliamo portarlo a casa per tirarlo fuori quando ci servirà. Alle 23 sono nuovamente a casa, disfo lo zaino re ripongo tutto preparando al contempo un'altra borsa, le scarpette ed il casco… domani sarà un'altra storia.

domenica 15 gennaio 2012

2° Sapori di Malga


Eccomi nuovamente alle prese con i volantini.
Pezzi di carta colorata scaricati da Internet o raccattati in giro che ammiccano dalla scrivania..
Il letargo è durato abbastanza, i rotolini di cicio si accumulano sui fianchi ed io ho voglia di fare qualche cosa di diverso dal leggere, sebbene i libri siano il mio grande amore dopo Valchiria.
Venerdì mattina arrivo ad Iseo, aperitivo con amici al Lume e Barbara mi chiede come stò, cosa stò progettando e le butto li sta cosa, la Sapori di malga a Caregno dove sono stata anche lo scorso anno; in quattro e quattr’otto non sono più una Kate solitaria in giro con ciaspole e racchette e ci si mette d’accordo per la serata di sabato, passa lei con Francesco da casa mia e si parte in compagnia, cagnolini compresi!
Fantastico direi.
Sebbene sia un gatto solitario anzi una gatta mi piace a volte stare in compagnia nelle mie scorribande di qua e di la, con le ciaspole o la mia mountain bike; mi piace la sensazione di essere si sola a camminare o correre ma il fatto di avere qualcuno che mi aspetta al traguardo è comunque una bella sensazione.
Alle 5 di sabato eccoli arrivare con il macchinone di Francesco, cagnolini al seguito tutti eccitati per la nuova avventura di cui credo abbiano sentore; Bella ha tanto pelo ma Kim ha una specie di cappottino per tenerlo al caldo visto che ha il pelo raso!
Per arrivare a Caregno risaliamo il monte di Iseo fino a Polaveno, poi Gardone ed Inzino, da li le indicazioni per Caregno ed il ristoralte La Fabbrica da dove parte l’evento.
Lo scorso anno un poco di neve l’avevo trovata ma quest’anno, visto la carenza di precipitazioni, le ciaspole non le ho neppure portate, gli scarponi da trekking bastano ed avanzano.
La lunga sequela di tornanti fino sul versante triumplino del Guglielmo fa proseguire con prudenza e lentamente ma alle sei e mezza siamo al ritiro pettorali e ci regalano una confezione di salsa allo zenzero e zucca.
Un caffè e due chiacchiere, un salito alle persone note o conosciute, un paio di foto accanto al falò con i cani che diventano irrequieti, lo sparo dei primi fuochi d’artificio e via che parte la lunga camminata per le strade ed i sentieri montani.
Ho la torcia notturna, di quelle che si attaccano al casco della bike o si mette semplicemente sulla testa e devo dire che aiuta parecchio, la luna sembra scomparsa dietro il crinale della montagna nonostante il cielo sia uno spettacolo unico per la stellata che palesa, le costellazioni sono cosi chiare che sembra di poterle toccare.
Il percorso è stupendo e si snoda tra boschi e sentieri su per giù come lo scorso anno; il primo ristoro dopo un paio di chilometri offre the caldo e ci dicono di tenere il bicchiere per il ristoro successivo dove troviamo Vin Brulè, cotognata di mele e cioccolata.
Seguo il sentiero e guardo le stelle, alcune persone mi superano, altre restano indietro, Barbara e Francesco sono più avanti ma io seguo il mio passo, senza ne forzare ne strafare, è troppo bello il silenzio che mi circonda e le stelle stanno a guardare da lassù, come cantava Celentano tanti anni fa.
Mi piace riconoscere il piccolo carro mentre l’orsa maggiore brilla li vicino e sembra diventare gigantesca più mi alzo lungo il percorso; sono nitide contro una notte scura e tersa, un freddo che punge ma che non infastidisce più di tanto anzi sento caldo mentre cammino in salita appoggiandomi sui bastoncini.
In alcuni tratti sono completamente sola ed in un lungo prato decido di fermarmi un attimo e sedermi su di una roccia.
Ogni volta faccio una di queste camminate nella notte, con o senza neve, i pensieri vanno a tempo fa, quando le facevo in compagnia di una persona speciale; chissà perché negli altri giorni della mia vita non ci penso quasi più mentre, ora, qua nel silenzio di questa montagna di casa, ne sento tanto profondamente la mancanza.
Forse perché questi sono i suoi ambienti, sono i luoghi dove lui ama camminare e stare mentre il mio mondo è fatto di rumore, viaggi, aeroporti, fiere all’estero, lingue straniere diverse e quell’essere a casa ovunque senza troppi problemi.
La mancanza di radici profonde che mi spinge spesso a “migrare” senza troppi rimorsi, quell’essere a casa dove appoggio la borsa che molti amici veri ormai conoscono, la perenne voglia di fare qualcosa, qualunque cosa pur di non dover stare ferma non sempre ha aiutato i miei rapporti interpersonali e cosi, ora, qua nel silenzio mi ritrovo a pensare a come avrebbe potuto essere diversa la mia vita se avessi avuto più stabilità ma sul forse e sui ma non si fonda nulla purtroppo.
Mi rialzo e riparto verso valle, seguendo la scia delle luci di quanti come me hanno deciso di passare una serata alternativa al freddo.
Arrivo alla malga successiva ricalcando parte del percorso dell’inizio e trovo uno splendido ristoro a base di crostini con formaggio, lardo, salame, frittata, frittelle, di tutto e di piu…. Ma mi fermo poco, troppo caos e la magia di una notte stellata si perde tra gli schiamazzi della gente presente che sembra fare a botte per un pezzetto di formaggio spingendo e sbraitando lasciando l’educazione a casa come spesso accade.
Riparto per la parte finale del percorso, un lungo prato da discendere, un ultimo ristoro che salto, e via verso il traguardo, un tratto di strada asfaltata al buio.
Lo squillo del telefono rompe il silenzio poco dopo, sono Barbara e Francesco che mi chiedono dove sono e dico loro di voltarsi perché sono a venti passi dalla loro macchina.
Sembra passato un solo attimo e sono due ore che cammino per la montagna; un cambio veloce, i cani in macchina e stiamo già scendendo verso Gardone Valtrompia e casa.
Alle 22 sono a casa, una doccia bollente cancella il sudore e parte della stanchezza ma sto già pensando alla prossima volta, ho trovato un volantino che dice che il 28 gennaio a Pianborno c è una camminata notturna…..
Io non stò ferma, mi piace troppo scorrazzare in giro per il mio mondo fatto di montagne, sentieri e strade bianche, prati d’alta montagna che profumano anche d’inverno…
Quale profumo?
Quello della libertà.

L'addio ad un amico


Ciao Mario.

Con te credo che se ne sia andata quella parte scanzonata e casinara della mia giovinezza eppure, mentre ripenso a te, non posso che sorridere.
Quanti anni avevamo?
Io 12 e tu 17 se non ricordo male, con quei sogni che tutti i ragazzi hanno e fanno a quell’età, con la voglia di scappare e fare cose “grandi” per lasciare il segno, per essere diversi ed unici.
Quel tuo sorriso ironico e mascalzone, la scuola un po’ si ed un po’ no…. Ricordo ancora tuo padre che parlava col mio, accompagnato dal vostro cane, quello stupendo dalmata chiamato Oro….
Quanto tempo è passato da allora.
Ti vedo li ora, con la staticità data dalla vita che ti è scappata dal corpo e rivivo ogni risata, ogni corsa sul lungolago, ogni uscita con quell’immensa compagnia fatta di amici veri, su motorini scassati, le prime sigarette rubate e fumate un tiro tu ed un tiro io, le birre bevute per sentirsi grandi ed essere solo dei piccoli uomini ( e donne) che vogliono farsi vedere forti…
E non eravamo mai soli noi perché c’eravamo sempre, bastava un fischio.
E poi la moto anzi le moto, le corse pazze sentendosi liberi di volare fino a quel giorno in cui tu hai volato davvero, portando sul corpo i segni che hanno condizionato la tua vita per sempre.
Eppure hai vissuto ugualmente, lavorato, viaggiato nonostante il tuo handicap non da poco.
Quanti aperitivi abbiamo bevuto in compagnia sul lungolago?
Tu, io, a volte Dado, altre volte ancora qualche tuo amico olandese e mi facevi tradurre le cose più balzane….

Poi arriva questa settimana, una delle tante giornate in cui sono ad Iseo di “passaggio” tra un giro a Venezia e le vacanze in Slovenia e ti vedo al Lume, con la fatica che ti segnava il viso per i movimenti che avevi dovuto fare per entrare e sedere al tavolino e ti abbraccio come sempre e ti do il “bacio di Natale”, quel rito tutto nostro da 30 anni a questa parte; un aperitivo noi tre, tu, Dado ed io, gli amici da una vita e certo non immaginavo di non incontrarti più.
Te ne sei andato cosi, velocemente, al tavolo del ristorante dove cenavi in solitudine sebbene attorniato da decine di persone e neppure la mano amica di un medico seduto al tavolo accanto ti ha trattenuto tra di noi.
Un laconico messaggio di Dado mi avvisava dell’ accaduto e mi chiedeva di rinviare l’uscita in bike per rendere omaggio a te e sono corsa a casa tua, quella dei tuoi genitori dove la tua famiglia ti ha portato per l’ultimo saluto.
Ho pianto chiedendo scusa ai presenti, chiusa in un mio dolore profondo, in un angolo di quella stanza con il tuo cane, quello che chiamavi Pantofola, che mi guardava e sembrava capire quello che provavo.
Vai in pace Mario perché dalla vita che ti ha tolto tanto hai preso tutto quello che hai potuto, rubandolo a morsi e facendola tua comunque e stai sicuro che farai parte dei miei ricordi per sempre.
Un brindisi amico mio
Kathy