La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


mercoledì 24 giugno 2009

Ausilia........Biancaneve:Campionessa Italiana Single speed e la dolcezza in persona in sella ad una Mtb


Tempo fa, durante una gara in mtb in mezzo al fango, un uomo accanto al percorso di gara mi disse, vedendomi passare sporca ed infreddolita...: certo che una donna è ben poco femminile cosi combinata!
Credo non ci sia nulla di più falso in quelle parole.
Ho visto ragazze con le unghie laccate che sbucavano dai guanti da ciclista, in griglia di partenza più agguerrite dei loro compagni di squadra maschi, altre ancora con vezzose maglie a fiori e farfalle ed io sono una che parte sempre con un filo di rossetto sulle labbra!
Ma c'è una biker che considero la donna più dolce e femminile del circuito endurance italiano: Ausilia Vistarini, campionessa italiana single speed.
Un sorriso che disarma, una timidezza che conquista ed una dolcezza che dimostra quanto possa essere femminile una donna in bike seppur sporca di fango e polvere.
Ho avuto il piacere di conoscere questa campionessa e sono orgogliosa di aver pedalato per alcuni tratti con lei.

martedì 23 giugno 2009

Dedicato a.....

Ho voluto dedicare un piccolo spazio del mio mondo sul web a due donne che considero uniche: Anna Mei e Lorenza Menapace.
Quante volte me le sono viste sfrecciare accanto nelle gare importanti ed avrei voluto avere la loro forza, la loro tenacia, io che poca importanza do alla classifica, che se arrivo ultima non mi volto indietro speranzosa di vedere se qualcun'altro avrà la maglia nera....anzi!
Sono orgogliosa di aver avuto modo di conoscerle e sono contenta di dar loro strada sui sentieri e sulle strade che ci accumunano nella nostra passione.

Una grande campionessa tricolore: Anna Mei


Vittoriosa alla 6ore del Barboj ed alla 12 ore della Lunigiana, Anna Mei incarna la tenacia e l'unicità di quanti hanno fatto della passione della loro vita un punto fermo: la Mountain Bike.
Questo è il mio segno di rispetto per chi considero Grande!

Una grande campionessa: Lorenza Menapace


Una portacolori d'eccezione per la nostra endurance Mtb, Lorenza Menapace, ha vinto la 24 ore di Monaco percorrendo quasi 450 km in solitaria.
Una grande Donna, un atleta d'eccezione assoluta.
Questo vuole essere il mio tributo alla sua unicità.

domenica 14 giugno 2009

Granfondo dei Colli Piacentini…per il vino devo tornare!

Altro giro altro regalo. Ovvero altra gara ed altro pacco gara ma stavolta sono tornata a mani vuote, la mia bella e buona bottiglia di Gutturnio mi è esplosa in macchina per il caldo cosi sono arrivata a casa mezza ubriaca per le esalazioni senza berne neanche un goccetto!
Avevo letto di questa gran fondo sui vari giornali di settore, dicevano fosse “facile” e nemmeno molto lunga la Classic , l’iscrizione viene automatica e parto alle sei del mattino in solitaria.
Poco prima di uscire dall’autostrada a Fiorenzuola una macchina mi sorpassa e vedo il conducente che mi saluta ma capirò solo più avanti che è Natale Reboldi, anche lui iscritto alla gara ma a quella Marathon pero’….
Ci avviciniamo a Carpaneto assieme, il navigatore mi da strane indicazioni e faccio qualche km in più del previsto con Natale accodato alla macchina; arriviamo comunque e parcheggiamo vicini, poco distanti dalla partenza e dai servizi di gara.
La coda per il numero ed il pacco gara, il chip da noleggiare, tutte quelle cose che ormai facciamo in automatico, scambiando due chiacchiere con gli amici ed i conoscenti ed il tempo scorre veloce e dopo aver litigato con la ruota davanti di Valchiria che non voleva saperne di andare al suo posto e con il gentile aiuto di uno dei ragazzi del Team Bachetti, preso da compassione profonda vista la mia disperazione, sono pronta e faccio un giretto attorno per capire come sarà il percorso.
Tutti mi hanno detto che è facile ma mi sembra strano visto che la gara è inserita in un paio di circuiti importanti, comunque vedremo, affronterò i problemi legati al percorso man mano mi si presenteranno.
Che sono stanca è lampante, non penso di aver mai fatto 14 gare di seguito in cosi poco tempo, ed aver scorrazzato per tutta la Franciacorta un gruppo di turisti Modenesi per cantine ieri non aiuta di certo le mie performances sportive ma cosi è e va bene, avrò tempo per riposare nelle prossime settimane.
Le due parole con Alfio Montagnoli sono una piacevole abitudine ormai ed ecco che lo start arriva puntuale alle 9.30; asfalto veloce per quasi 8 km poi inizia la mia tortura: un continuo saliscendi su sentieri sterrati, single track sia in salita che in discesa, belli ma troppo pesanti per le mie gambe.
Saranno molti i km che farò a piedi in salita e qua vorrei ringraziare due persone, due splendidi ragazzi che hanno sopportato questa old lady che andava solo a spinta: Tiziano ed Andrea, i due motociclisti che si sono alternati a chiudere la gara con me.
Che pazienza devono avere!!
Al primo ristoro c’è anche un Tino…. Voglio un Crodino, che si è offerto di darmi un passaggio sul camioncino…..nooooo dai, qualche km ancora, vediamo fin dove arrivo.
Anche appena prima del secondo ristoro l’addetto dell’ambulanza mi ha chiesto se volevo ritirarmi e devo dire che ci ho pensato per un secondo, ho pensato “ma si dai, fermiamoci” ma subito dopo una sabbia sorda mi ha chiuso lo stomaco ed un “no grazie” mi è uscito da solo dalle labbra e sono risalita in sella ed ho pedalato fino alla cima di quella stramaledetta salita e poi giu per i sentieri nel bosco e quando avevo di fronte altri sentieri che non riuscivo a fare mi mettevo Valchiria in spalla e salivo a piedi e poco alla volta sono arrivata a 10 km dall’arrivo; ovvio che il passaggio alla deviazione della gara corta fosse scontato ma non mi tornavano i conti con il contachilometri e non mi torneranno fino alla fine: mi hanno sempre detto 39 Km ma io ne ho fatti 46,800 ed altri come me avevano piu o meno la stessa distanza alla fine; poco male in fondo, li ho pedalati ( o spinti).
Al cartello dei 5 km all’arrivo sorrido, ho tenuto duro e sono arrivata fin qua ora è questione di poco ed ecco quell’incredibile sentiero stretto e tecnico che ha messo a dura prova la mia capacità di guida della bike: un continuo saliscendi, su e giu, destra sinistra salto….. una specie di ottovolante tra le piante, duro perché stanca da morire ma molto divertente e sembrava non finire più.
Poi la strada e quel ragazzo con la gomma a terra a pochi km dall’arrivo e come fai a non fermarti a dare una mano? Tanto la classifica l’avranno già chiusa o quasi, ultima o penultima non cambia nulla e gli passo il mio fast, sembra funzionare e ripartiamo assieme.
Poco dopo vediamo un ragazzo con una stupenda maglia che riproduceva un capo indiano che pedalava in un modo tanto strano… mezza rotazione avanti dei pedali e poi indietro…… cambio rotto, ruote dentate andate, sta di fatto che erano 20 km che pedalava in quel modo.
Gli abbiamo dato “un passaggio” !!!!
Un po lo abbiamo spinto, un po’ lo abbiamo tirato, sta di fatto che siamo arrivati al traguardo cosi, sembravamo a braccetto, un piccolo gruppo di amici in sella alle loro biciclette.
Mi dispiace solo che ho chiesto i loro nomi per ricordarli ma purtroppo ero cosi stanca e stordita dal calore opprimente che non sono riuscita a memorizzarli, mi sarebbe piaciuto chiamarli per nome la prossima volta.
Devo aver bevuto due litri tra the ed acqua all’arrivo, una doccia fredda mai tanto gradita, il pasta party, uno sguardo alla classifica del corto che non è esposta (la lunga si), mi piacerebbe vederlo scritto il mio nome però… anche se non è importante quanto sono arrivata, tanto se c’è un primo deve esserci anche un ultimo no?
Al ritorno in macchina la sorpresa: avevo parcheggiato all’ombra stamattina ma ora è in pieno sole, ci saranno 50 gradi dentro e non riesco a salire anche perché la mia bellissima bottiglia di vino è esplosa e le esalazioni sono piuttosto “ubriacanti”…forse per questo che in autostrada ho cantato a squarciagola “non saràààààà un avventuraaaaaaaaa” di Battisti, mi avranno presa per matta scatenata sicuramente.
Ora tutto è tornato al suo posto, le divise da ciclista, le scarpe, la mia bike in garage ed io a picchiettare le dita sulla tastiera del pc per raccontare questa domenica che ho passato nel modo che amo di più…..e voi sapete qual è, giusto?
Alla prossima ragazzi.
Kathy Pitton

domenica 7 giugno 2009

Oltrepò Mtb Race: un disastro con risvolto gastronomico!

Se penso alla gara mi viene solo voglia di nascondermi sotto un tavolo ma se apro il frigorifero mi viene un sorriso grande cosi!
E si perché va beh andare in giro a pedalare, ed i risultati sono quel che sono, ma il bello di queste escursioni in giro sono un ottima scusa per imparare la cucina locale e perché mai privarmi di gustare le specialità delle varie zone d’Italia a casa con tranquillità?
Sarà meglio cominciare dall’inizio: Oltrepò Mtb Race, la trovo su di una rivista all’interno di un pacco gara e da li al decidere di farla passa un secondo e mezzo… fa niente se mi dicono “guarda che è dura…”, la farò piano e pace al risultato.
Montalto Pavese, Lombardia si ma ci vogliono due ore di macchina da casa mia e devo partire decisamente presto se voglio arrivare ad un orario decente, ritirare il numero con calma e , magari, bermi pure un caffè.
Certo che solo al guardare la strada che porta a questo paese arrampicato per stè colline penso che sarà dura da pedalare e non aiuta certo il mezzo disastro provocato dal vento di ieri, rami ed alberi spezzati, foglie e cartelli a bordo strada, cassonetti rovesciati, le raffiche devono essere state veramente forti per fare tutti questi danni.
Parcheggio facilmente, numero 291 e pacco gara ricchissimo e presto è ora di mettersi al lavoro con la bike che mi aspetta nel baule della macchina; monto le ruote e cerco di regolare e sistemare il cambio, un poco di olio e sembra tutto ok!
Due chiacchiere con Umbry dello Sculazzo team e con Paola ammirando il suo tatuaggio nuovo sul braccio e dopo un attimo è già ora di entrare in griglia: sono sola stavolta, nessun amico/compagno di squadra ad accompagnarmi ma di amici ne ho molti nel mondo della Mountain bike compreso Ugo de Creso, lo speaker che mi saluta e fa sorridere con le sue battute!
Ci avvisano che è quasi ora di partire e di fare molta attenzione alla prima discesa, veloce ma molto rovinata dalle intemperie…mai stato tanto vero un annuncio!
Salite ripide fin da subito e la mia “dolce” mole le paga essendo partita velocemente e la discesa ti invoglia a la sciar andare ma i trattori hanno segnato profondamente il terreno al loro passaggio ed i solchi sono profondi; la terra sembra sgretolarsi in sabbia grossolana e come tocchi i freni le ruote partono per conto loro.
In alcuni punti faccio veramente fatica a tenere Valchiria alle briglie e poco dopo pagherò la voglia di velocità: derapata, perdo il controllo e volo.
Poco male, atterro sul “soffice” ma poco dopo inizierà a gonfiarsi anche il ginocchio e la mia gara finirà al 12 km.
Pazienza, non mollo quasi mai ma questa volta è quasi inutile cercare di continuare: mi ero fatta indicare la Costa Pelata come la chiamano qua, praticamente il Gran premio della montagna e da dove sono sembra irraggiungibile; chiedo all’assistenza se possono riaccompagnarmi al traguardo ed in macchina arrivo nella zona arrivo.
Credo che il ritiro sia sempre uno smacco, personalmente è una sconfitta perché non mi piace mollare a ragion veduta credo sia stata la scelta migliore: il livido è proprio grosso ed il ginocchio avrà bisogno di un sacco di ghiaccio.
Cerco di non prendermela anzi riesco anche a sorridere quando Ugo mi intervista e gli dico che ci riproverò l’anno prossimo.
Un salto al pasta party che non funziona ancora e mi accontento di un panino e poi torno nella piazzetta del paese dove mi diverto tra bancarelle di formaggi, salumi, vino e miele del Pavese!
Una sinfonia di sapori da portare a casa e la borsa che caricherò poco dopo in machina sarà parecchio pesante, diciamo che è il mio premio di partecipazione alla gara, una specie di ricompensa per essermi alzata alle 5.30 stamattina e per aver fatto 400 km tra andata e ritorno e non aver neppure attraversato il traguardo.
Torno verso casa cercando di fare in fretta, ho fatto una promessa ieri sera a mia figlia e voglio mantenerla: essere a casa prima delle 16.00.
Riesco ad arrivare, cambiarmi e ritrasformarmi nella mamma in tacchi a spillo e rossetto ed andare al concerto per pianoforte, violino e chitarra dell’Accademia Monteverdi che lei frequenta e sentirla al suo primo concerto da solista e riuscirò anche a commuovermi a vederla là, sul palco, a vincere le sue paure e le sue ansie e suonare fino all’applauso che segna la fine della sua prova.
Questo ha trasformato la mia giornata un po’ cosi cosi in una giornata da podio perché si è vero che amo la mountain bike al di la di tutto ma ho un qualche cosa di molto ma molto più importante che mi aspetta a casa: Elsa.
Per qualche giorno mi leccherò i graffi e le escoriazioni ed ascolterò le sue tirate “ e mamma quando è che la pianti…. Guarda li se una signora deve avere le gambe tutte graffiate…..” sapendo benissimo che se non esco in bici per due giorni di seguito mi domanda se sono malata, se è tutto ok!
Non so ancora dove andrò la prossima volta ma da qualche parte mi troverete a pedalare.
Kathy Pitton

lunedì 1 giugno 2009

24 ore per un avventura.


Iniziata venerdi mattina con il carico materiale sulla macchina, tenda, sedie pieghevoli, tavolino, materassino coperte e, naturalmente, Valchiria, e finita domenica pomeriggio alle 17, quando tutto quanto è tornato al suo posto a casa tra le mille domande di mia figlia e la schiena che urla vendetta!
Ma come sempre del resto, mi restano attaccate sulla pelle una grande quantità di emozioni, di sensazioni e la voglia di ricominciare tutto da capo nuovamente a dispetto di quanto pensavo in gara, quel “chi cavolo te lo fa fare, ti pagassero almeno…”.
A filmare le scene probabilmente ci sarebbe da vincere un qualche premio a Paperissima, mi sono ingarbugliata nelle corde della tenda almeno tre volte ed i picchetti che li martellavo nel terreno e loro paff che risaltavano fuori e la location poi… io ho valutato la vicinanza delle “comodità” del campeggio, i bagni, le docce ed il parta party ma l’essere vicino al cimitero ha fatto si che fino a sabato mattina fossi in completa solitudine, ma in compenso gli alti muri del cimitero stesso hanno protetto la tenda dal vento fortissimo della notte.
Arrivando prima dell’inizio della gara ho visto l’accampamento crescere poco alla volta ed animarsi di gente e colore, ho avuto il tempo di ritirare il pacco gara ed il numero con calma (ed anche di dimenticare le tessere della Fci in giro), di fare una passeggiata sul lungolago di Idro e di cenare con un gelato e fragole comodamente seduta a guardare l’area Partenza/arrivo prendere forma ed i ragazzi del “Gatto Giallo” muoversi come formichine per allestire tutto.
Il sabato mattina sembrava un altro mondo: camper e tende ovunque, ragazzi in bike a provare il percorso e dai primi commenti mi è venuta la pelle d’oca: duro e tecnico!
Ecco lo sapevo, decido di tornare dopo due anni e mi ribaltano il percorso e lo fanno difficile cosi stà Tartaruga Zoppa farà una fatica dell’accidenti!
La decisione di non provare il percorso per scaramanzia è quasi ovvia, cosi non mi spavento subito e stò tranquilla che è meglio.
Alle nove arriva anche il mio compagno di squadra e di avventura El Zambo Solitario e si accampa poco lontano seguito appena qualche minuto dopo da Beppe, anche lui in solitaria.
Breefing capitani, le regole da seguire durante la gara ed in un attimo arriva l’ora della partenza, rigorosamente in stile Le Mans che faccio, come sempre, senza correre ma con calma, avrò 24 ore di tempo per pedalare e macinare chilometri.
Qualche km in paese e poi a lato di un torrente fino alla prima salita, lunga e veramente impegnativa fino all’inizio di un sentiero nel bosco dove puoi lasciar correre le ruote della bici ma attenzione alle radici che affiorano, ai sassi che cadono dai lati e giu giu giu fino allo strappetto della cascata e di nuovo su per un lungo singletrack …. E via in discesa poco dopo su di una strada bianca fino al salto che ti porta sotto un ponte e nel greto di un torrente.
Quante volte ci sono passata sotto, quante volte ho dovuto scendere dalla bici perché non riuscivo a salire lungo la stradina pedalando e quante altre volte ho avuto paura di non riuscire a controllare Valchiria in discesa.
Spesso mi sono fermata a far passare i ragazzi più veloci, quelli che in squadra fanno due giri a manetta poi si fermano e che, qualche volta, hanno poco “rispetto” dei solitari che pedalano 24 ore e sono, di conseguenza più lenti.
Il percorso è, a mio avviso, molto bello, tecnico e vario ma concede poco spazio ai sorpassi ed è successo più volte che nella foga agonistica, una sgomitata più o meno volontaria facesse volare qualcuno giù dal sentiero nel bosco sottostante; io ho cercato di intralciare il meno possibile a discapito dei miei tempi al giro, ma non avendo velleità di podio la cosa non mi ha cambiato le vita di molto.
Quello che invece ha reso la mia 24 ore speciale sono state alcune persone che considero grandi per mille motivi: Anna Mei che passandomi accanto mi ha dato una pacca sulle spalle dicendomi di non mollare e lo ha fatto più volte, Ausilia Vistarini, la Biancaneve della mtb, che ad ogni sorpasso mi incitava ad andare avanti, a Margherita Bertamolli col suo sorriso ed a Ilaria Balzarotti con un orsetto attaccato sotto la sella (credo sia il suo portafortuna) ed a tutte quelle ragazze e donne che lottano per le prime posizioni e di cui non ricordo il nome che mi hanno spinta ad andare avanti e non mollare mai!
Ed a quei ragazzi che pare abbiano una moto sotto il fondoschiena e non una mountain bike, come Ermanno dell’Agnosine, come Zorro degli Slowbikers, Cristina Dusina che è una forza della natura e di quanti che ho conosciuto in questi anni in migliaia di km in bike che ad ogni passaggio mi dicevano una parola o mi offrivano qualcosa da bere o assistenza.
Ad altri amici che, seppur non in gara, mi hanno appoggiato come Dado che, libero dal lavoro, è venuto fin lassù per fare il tifo oppure Giorgio dei Crew che mi sono trovata lungo il percorso ad urlarmi “dai kathy…sei fuori” ed ancora Super Mario che alle otto la sera, ad un passaggio dal traguardo mi grida che la grigliata è pronta……
Si perché la mtb è anche tutto questo, l’appoggio incondizionato di persone che non conosci ma che sono parte di questo mondo e gli amici che ti incoraggiano ad andare avanti nonostante sia dura, nonostante faccia freddo e l’unica cosa che vorresti è riposare ed è li che scatta quello strano meccanismo che fa diventare la fatica un amica da cui non riesci a staccarti e di cui non hai paura.
Di notte ho deciso di riposare, non vedevo bene le asperità del terreno lungo i sentieri ed i fari sembravano solo peggiorare le cose e la decisione di fermarmi è stata per me la più giusta seguita, poco dopo, anche da Zambo.
Le ultime ore del mattino fino allo scoccare della 24 esima ora le ho passate pedalando e nell’ultimo giro ho visto poco avanti a me tutte le Ironwoman dell’endurance assieme e mi sono accodata per un attimo, ho passato il traguardo con loro, con il “brava” di Ausilia nelle orecchie mi sono avvicinata al mio “campo base” per riposare finalmente e, da brava sentimentale, due lacrime mi sono scese a rigare le guance: è stata la mia prima endurance veramente in solitaria, senza assistenza ma sono riuscita a finirla e per quanto magari non sia una grande performance, è il mio risultato e conta per me stessa.
Ora che tutto è finito e nonostante il mal di schiena e la stanchezza che tarda ad andarsene la voglia di fare qualche altra gara, di vedere altri posti è grande…. Chissà dove andrò la prossima volta.
Kathy Pitton