La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


lunedì 22 marzo 2010

Granfondo 3 Comuni Memorial Ugolini

Una montagna come casa.


Chissà perché, quando accade qualche cosa, quando ti senti persa, torni a casa o in quel luogo in cui ti sei sentita protetta.
Ed un solo posto al mondo mi ha fatto sentire cosi, è un piccolissimo angolo sulle montagne del mio paese natio, una casetta di legno e pietra ferma nel tempo e lontana da tutto, dove si sente solo il gocciolare della neve che si scioglie ed il vento che urla tra le pareti di roccia, sullo Jungfrau.
Per salire fin quassu ci si inerpica lungo una vecchia strada e solo ruote artigliate e pesanti riescono a vincere la pendenza e lo spessore della neve che si presenta in uno strato reso duro dal gelo; e giunti in cima, dove la strada scompare e gli alberi si diradano, a piedi con lo zaino a spalle si va avanti per quello che sembra un lungo tempo ma che, in chilometri, son pochi.
La chiave appesa dietro all’unico scuro aperto come un occhio sulla vallata sottostante, stà li da almeno 50 anni, ed il cigolio della porta di legno gonfiata dall’umidita mi danno il benvenuto nel silenzio più assoluto ma all’interno, il cui unico chiarore è la luce che entra dalla finestra, trovo quel mondo di ricordi e di calore che fanno parte del mio passato e di tutta la mia vita.
Una sola telefonata giorni fa per chiedere “il permesso” di raggiungere questo angolo di mondo e la certezza di trovare un nido quassù, un posto tutto mio dove pensare e guarire quelle ferite che non si vedono ma che fanno più male di quelle che sanguinano.
Una montagna di legna per scaldare la stanza, vecchie coperte fatte a mano con lana grezza ma caldissima, tappeti dai colori sbiaditi dal tempo a rendere accogliente l’ambiente rigido e freddo di questa vecchia baita di montagna ed un armadio di legno dipinto che racchiude al suo interno un piccolo tesoro di cui cibarsi….
I miei “fratelloni” d’oltralpe , quelli che ancora ora a quasi 50 anni mi chiamano “piccola”, quelli che mi hanno curato le sbucciature sulle ginocchia a 5 anni cercano ora di curare quello che non si vede, quello che mi rattrista, lasciandomi sola con i miei pensieri nella solitudine più assoluta del silenzio che urla più di mille sirene dentro la mia testa.
Cinque giorni il cui unico contatto con il mondo sono stati alcuni messaggi con il telefono, cinque giorni per decidere che, comunque, vale la pena di vivere ogni singolo momento anche se fa male e vorresti scappare, che vale la pena soffrire un po’ se poi vedi la felicità nello sguardo di un'altra persona a cui daresti la tua vita se la volesse, una piccola frazione della mia vita vissuta per comprendere che nulla di quanto ci accade è dovuto al caso ma stà scritto nel nostro destino anche se, ne sono convinta, solo noi siamo gli artefici di tutto questo.
Ed allora scendi a valle lasciandoti alle spalle una montagna di emozioni, ricordi e rimpianti, metti nello zaino le tue cose ed in un angolo del tuo cuore chiudi un cassettino con dentro tutto e decidi di tornare e riprendere la tua vita da dove l’hai interrotta…..
Devo correre e correrò fino a quando non troverò un poco di pace interiore.


….credo che l’allontanarmi da tutto e da tutti mi abbia fatto bene, mi sembra di avere di nuovo delle solide radici sotto i piedi e di non vacillare piu.
Ed allora posso tornare a casa, tra le mie cose ed a guardare due occhi azzurri che mi sorridono quando entro dalla porta, gli stessi due occhi che capiscono molto di più di quello che normalmente si potrebbe chiedere ad una ragazzina; e quel suo “ ti ho lavato Valchiria mamma” mi stringe il cuore e l’abbraccio stretta stretta.
Passa cosi poco tempo ed eccomi a caricare bike e sacca sul camper e ripartire verso la pianura della bassa Lombardia, lungo il Po, dove fanno la Granfondo dei tre comuni, memorial Ugolini, ultima prova del River Marathon Cup.
Le ho finite tutte quest’anno, nonostante la brutta caduta alla Aironbike, il vento di Asola e la neve di carpi alla Fosbike; non ha piovuto negli ultimi giorni e gli Slowbikers hanno provato il percorso di quest ultima prova trovandolo scorrevole e veloce.
Poco alla volta il parcheggio preso il centro sportivo si riempie e si trasforma nel solito e colorato accampamento, siamo zingari e girovaghi per amore….della mtb!
Due passi fino alla piazza della partenza, un caffè guardando la piazza che rivedo da anni ormai anche se, da sola, non è cosi bello come quando avevo il mio compagno di squadra ed avventure Dado con me, ma presto anche lui tornera a correre perché, quando si ha una passione, non la si può tenere dentro, nascosta, deve uscire e trovare il suo spazio.
Me ne torno al camper per leggere un po’, ascoltare un poco di musica e riposare.
Come ogni volta l’alba sembra raggiungermi di corsa e la sveglia me la danno le voci di quanti, arrivati presto, hanno parcheggiato accanto a me, un caffè veloce ed a prendere il numero, il 391 stavolta.
I saluti e lo scambio di battute fanno da cornice al prepararsi; di fronte a me fabio Pasquali con la compagna con cui scambio due chiacchiere e poi via, verso la linea di partenza e le griglie di partenza sperando che quelle quattro gocce di pioggia che ho sentito siano solo un illusione; per scaramanzia metto il giubbino anti acqua nella tasca posteriore della giacca ma spero proprio di non doverlo togliere da li.
Siamo in tantissimi e la voce di Alfio ci tiene compagnia mentre le note di Tunderstruck degli AC/Dc esce dalle casse mentre arrivano le 9.30 e la partenza di questa nuova avventura o sfida che sia.
Non ho il mio ipod oggi, sarà la mia testa a decidere quale sarà la colonna sonora di questa domenica mattina e forse I wanna be a rock’n roll singer è quella giusta mentre pedalo.
Via lungo l’argine per il giro di lancio di 5 km che serve a sgranare il gruppo e lascio correre la strada sotto le mie ruote con calma, lascio sfilare i ragazzi che vogliono dare tutto e subito, prendo il ritmo che sarà mio fino alla fine e nel ripassare sotto l’arco dell’arrivo inizia il lungo giro di questa gara, su e giu dagli argini e sulle strade bianche che li costeggiano.
Tanti sono fermi lungo il percorso, forature o rotture e mi dispiace, finiscono anzi tempo la loro avventura ed è sempre un peccato doversi fermare.
Chissà perché ogni gara mi permette di pensare e di ragionare su tante cose; lascio gli altri a correre per raggiungere traguardi e posizioni in classifica, il mio correre altro non è che il raggiungere qualche cosa di poco tangibile ma non meno importante: la serenità interiore.
Ed il come la raggiungo a volte è un mistero anche per me ma so’ solo che stò cosi bene quando arrivo al traguardo e che quello star bene dura per giorni interi.
Poi ecco che all’improvviso i pensieri vengono distratti da un movimento, da un piccolo tesserino che , spaventato a morte da tutta sta gente, mi passa prima accanto e poi mi attraversa la strada: una lepre dalle lunghe orecchie!!
Mi è capitato spesso di vederne girando per le campagne ed una volta, investendone una in pieno, l’ho pure portata a casa per poi scoprire,con parecchio sconcerto, che era viva e vegeta e che, come ho aperto lo zaino, si è data alla fuga saltando qua e la!
Passa il tempo e macino km e non sono stata ancora doppiata ma non faccio a tempo a formulare il pensiero che super Fabio Bionic Man mi passa accanto seguito a ruota da altri due… Fabio Vai vai…..
Uno dei suoi segugi gli chiede”ma a te fanno il tifo anche i doppiati”?
Non ho sentito la sua risposta ma rispondo io….: gli faccio il tifo perché se lo merita, perché è una bella persona e perché ho l’abitudine di guardare le persone negli occhi e quello che vedo nei suoi mi piace ed è bello.
Punto.
Arrivo, doccia, pasta party al tavolo con Angela Peroboni con cui chiacchiero mezz’ora aspettando le premiazioni.
Come all finisher ho diritto allo zaino del circuito e sono soddisfatta cosi, era uno degli obbiettivi 2010 e l’ho raggiunto ma quello che non mi aspettavo era di essere a premio perché le donne, poche come sempre, le premiano tutte.
Le foto, gli applausi e tutto finisce con il saluto agli amici, un bacio a Vania con l’arrivederci alla 24h di Idro in giugno e si torna verso il parcheggio, è ora di partire.
Lungo la strada la musica mi tiene compagnia ed i pensieri sono liberi di andare, mi piace sempre questa sensazione di libertà, questo girovagare da un luogo all’altro per correre e scoprire posti nuovi; guardando nello specchietto retrovisore vedo arrivare un “branco” in moto, sono un numero infinito in formazione a V, il capo davanti con la sua donna sul sellino posteriore e tutti gli altri schierati ad occupare tutta la parte centrale dell’autostrada.
Li guardo passare, con i loro giubbotti in pelle, il casco e gli occhiali, sembrano guerrieri di un mondo perduto e non posso non ripensare ad un tempo lontano, 30 anni fa, in un'altra vita, il rombo di quel motore sotto la sella……sempre due ruote erano.
Ma quella è un'altra storia, ora le ruote sono sempre due ma il motore non sta sotto la sella ma sopra e sono io.
Kathy Pitton

domenica 14 marzo 2010

Fosbike…….senza fosso!!

Alcune gare le ricordi perché hanno un particolare oppure è il nome che ti affascina ed allora decidi di farla; altre volte ancora sei talmente abituato ad iniziare la stagione con le gare di pianura che ti iscrivi ad un circuito come se fosse un dovere/piacere ed è quello che capita a me ogni anno con la Fosbike.
Terza prova del River Marathon Cup e seconda prova del Prestigio Mtb eccomi in quel di Carpi ieri sera alle sei, camper parcheggiato tra molti altri e due passi fino alla sede della Polisportiva San Marino per vedere se è possibile ritirare già da ora il numero per la gara di domani mattina; mi dicono di no ma l’occasione è buona per far due chiacchiere con Stefano, uno degli organizzatori, e dargli la bottiglia di Franciacorta come omaggio da parte del G.C.Iseo oltre all’invito a partecipare alla nostra Rampigolem del 4 luglio prossimo.
Stò cercando di allargare i confini strettamente regionali della nostra gara, di farla conoscere e, magari, di far conoscere un poco di più anche la nostra zona geografica, conosciuta si per il vino ma c’è molto altro da vedere e scoprire.
Comunque sia, bottiglia consegnata e ritorno alla mia casa viaggiante, un piatto di pasta in solitaria ed un po’ di tempo a far zapping col telecomando, ma è uno sport che non mi piace proprio, spengo tutto e dopo una lunga ed animata discussione con la bombola vuota del gas che non voleva saperne di farsi cambiare, accendo la stufa e vado a dormire non senza aver dato uno sguardo al transatlantico parcheggiato accanto a me, un mastodonte con garage, officina e non so che altro al suo interno!
Chissà perché il mattino sembra sempre corrermi incontro quando sono in giro per gare da sola e mi accorgo che non è stato il suono della sveglia a svegliarmi ma le chiacchiere dei tanti bikers arrivati nel frattempo, il parcheggio è strapieno di gente che va avanti ed indietro, di bike scaricate dalle macchine e numeri da attaccare.
Il mio è il 539 e lo attacco a Valchiria, una controllatina alle gomme ed alla catena ed eccola pronta a partire; preparo la ciclista qua presente e via che si parte, qualche km per scaldare le gambe che fa un freddo dell’accidente.
Nell arrivare ieri la cosa che mi ha colpito di più è stata la neve che da noi è sparita quasi subito ma qua è ben presente sia lungo la strada che sul percorso; mi dicono che fino a mercoledi ne avevano 50 cm e pensavano di dover rimandare tutto.
Quando mi avvicino alla linea di partenza noto una cosa: il famoso fosso da attraversare a piedi 100 metri dopo la partenza stessa è pieno di acqua gelata ed hanno posizionato l’arco gonfiabile a lato del prato… peccato cavolo, era la particolarità di questa gara il dover scendere pochi metri dopo essere partiti per saltare quel fosso e poi via!
Ma credo proprio che con tutta quell’acqua e la neve sarebbe decisamente improponibile rischiare di bagnarsi a pochi metri dal via e dover fare 50 km di gara poi.
In griglia un sacco di facce famigliari, Natale mi chiama e mi saluta mandandomi un bacio ed aspetto il via chiacchierando con Eugenio del più e del meno.
Via che si parte, occhio a non agganciarsi e cadere subito!
Strada asfaltata per i primi chilometri e poi inizia un mare di fango, neve ed acqua gelata!
Giro a destra e la bici va a sinistra, metto i piedi a terra e sprofondo fino alle caviglie in una melma gelata di neve sciolta e fango, esco dal sentiero perché mi pare che l’erba sia meno faticosa e mi trovo nelle pozzanghere sulle quali si stende una crosta di ghiaccio che rompo con le ruote della bici…. Che roba!!!
Ma li, a testa bassa, ad andare avanti.
E quando arrivo sulla strada asfaltata e vedo un gruppo che va a destra mentre le frecce indicano a sinistra un po mi arrabbio ma vado avanti a piedi dove non riesco a pedalare e, porco mondo io non taglio il percorso, faccio un giro solo e quando arrivo arrivo!!!
E sono quasi sulla strada nuovamente quando arriva l’uomo bionico, Fabio Pasquali, sembra Robocop!
Come diavolo faccia a volare sopra il fango non lo so, lo invidio e lo ammiro allo stesso tempo e spingo avanti la mia Valchiria sorridendo a Stefano che fa la staffetta da un incrocio all’altro in moto da cross.
Ed i km scorrono piano sotto le ruote ma scorrono ed ecco il cartello degli ultimi due chilometri e, poco dopo, la linea del traguardo.
Sono stanca e le gambe fanno male ma è bello sentire il proprio nome ed il nome della mia squadra dal microfono dello speaker ed intravedo un viso famigliare, una persona di Iseo che fa foto e mi chiama e facciamo due chiacchiere: sono qua per una manifestazione in un paese poco lontano, hanno visto tutto l’ambaradan della gara ed han deciso di fermarsi a curiosare.
Porto Valchiria al lavaggio ma, dopo aver visto la coda le faccio fare un tuffo nel ruscello li vicino, giusto per togliere il più grosso del fango ed altri seguono l’esempio; non è che si pulisca proprio bene ma almeno la metto nel gavone del camper con un paio di kg di fango in meno sulle ruote, il resto lo farò con calma a casa.
Doccia bollente e via al pasta party che è un polenta party in verita: un piattone di polenta morbida con sugo e formaggio….Buona!!
Guardo le premiazioni, applaudo alle ragazze, un saluto a Naty che torna verso la macchina con me ed è ora di tornare a casa con calma.
I Genesis mi fanno compagnia lungo la strada ed accompagnano i miei pensieri; se potessi tracciare la strada che seguono nel loro vagare sarebbero mille arabeschi, a volte colorati a volte grigi.
Oggi avevano un colore opaco, forse come sono io ultimamente; sorrido certo, parlo con i miei mille amici, scherzo sul fatto che qualche volta le lumache vanno piu veloci di me ma come lascio tutto questo mi sento un po’ sperduta, come se non avessi più le ali per volare.
Vorrei tanto prendere quel raggio di sole lassù e tenerlo stretto ma mi sa che devo raggiungerlo pedalando e Valchiria mi darà una mano.
Kathy Pitton

sabato 13 marzo 2010

Crono a squadre Brescia Cup



“ …e vacci dai che domani la racconti”.
E sono state forse queste parole di Fabione Casali a farmi decidere in via definitiva di partecipare a questa 2° Conosquadre a Montichiari, sede niente popo di meno che degli Internazionali d’Italia, gara valida come prologo per la Brescia Cup.
Ed il tutto è iniziato con un pasticcio di iscrizioni dove io facevo solo da supporter e fotografa alle due squadre iscritte, poi invece uno non poteva, l’altro ha il raffreddore ed un altro ancora il braccio al collo ed ecco che, venerdi mattina alle otto mi arriva il messaggio di Gabriele con scritto “ tieni pronta la bike”!
Mi è venuto il mal di stomaco!
Non sono capace di fare le partenze a razzo, non sono un razzo in salita, ho paura nei passaggi troppo tecnici e le scale, oddio le scale….. sono sempre state il mio incubo peggiore.
Dopo un ora contrordine ed ho tirato un sospiro di sollievo, ma dopo neanche un ora di pace ecco la chiamata alle armi: serve alla squadra, due staffette iscritte e manca il sesto.
Non sono neppure riuscita a pranzare dalla strizza! E adesso che faccio?
Mi schianto di sicuro…….
Poi il messaggio di Fabione su Facebook ed altri amici che dicono: ma dai, fregatene, fai fin dove arrivi e basta…..
Ed alle 16.30 fuori a razzo dall’ufficio ed a casa di corsa, Valchiria già pronta in garage che sembra ammiccare per questa nuova avventura, mi vesto da ciclista e via, alla volta di Camignone dove mi trovo con Zambo e si parte alla volta di Montichiari.
Il terzo componente della nostra squadretta è Giuseppina Ferrari, poche gare all’anno ma veloce in salita anche per il fatto che pesa la meta di me; certo che siamo un bel trio, Zambo che va come un treno e che deve andar piano ed aspettarci, Giusy che va velocissima in salita ma che le discese e le scale le fa a piedi ed infine io, Old Kate che va piano in salita, lascia andare in discesa e che le scale le fa……….finalmente le fa!
Comunque andiamo per ordine.
Arrivo e parcheggio, verifica tessere con il solito caos perché abbiamo cambiato i nomi dei componenti delle squadre e ad un certo punto l’addetto ci chiede: ma si può sapere chi è rimasto degli iscritti originali?
Meno male che ci facciamo una risata sopra e, per chiudere le operazioni burocratiche, ci concediamo anche un caffè al ginseng per tirarci su di morale.
Giusy arriva dopo mezz’ora circa e mesta mesta ci avvisa di aver dimenticato il casco!!!!
E adesso che si fa?
Senza non si parte ed in due la crono non può partire, pena la squalifica.
Meno male che i ragazzi della RS Bike di Rodengo Saiano risolvono tutto prestandone uno per la durata della gara e via a provare il percorso, poco meno di tre chilometri da fare a tutta.
La salita alla rampa del castello è dura, poi un fettucciato tra le piante e le prime scale che tutti o quasi fanno a piedi, troppo ripide e corte; una discesa lungo un sentiero bagnato e poi la salita chiamata “delle bestemmie” e capisci il perché quando ci sei sopra!
Hanno gettato della segatura per far assorbire l’acqua ma è ripida e si scivola e mi consolo nel vedere che non sono solo io a farla a piedi e quei pochi che la fanno in sella sono proprio dei draghi.
Poi giu ed in fondo alla strada quel ponte di legno che mi sembra la pedana di lancio di un missile!
Zambo la fa senza fatica, per me è una scalata da fare a piedi ed il problema è scendere dall’altra parte… tipo slitta col fondoschiena, tra i sorrisi dei presenti ed il “ vai Kathy….”! di non ricordo chi ma sono queste le cose che mi fanno andare avanti perché se non hai velleità di classifica è l’atmosfera che respiri che rende questo sport unico ed irrinunciabile.
La discesa subito dopo la rampa di legno è quella che porta al traguardo ed alla fine delle fatiche ma in fondo eccola la mia nemesi: le scale!
Una lunga serie di gradoni lunghi in pietra e ciotolo ma in fondo ce ne sono tre corti ed altissimi e mi spaventano a morte. Se cado qua non mi rialzo di certo.
E non so bene da dove ho tirato fuori quello che mi è servito per farli ma mi ci sono buttata a capofitto ed a quella che a me sembrava una velocità da capogiro, con un urlo di rabbia che mi è uscito dall’anima.
Da li, poche centinaia di metri ed il traguardo, passato con un altro urlo ed il braccio alzato e, vedi te se non combino un qualche casino, quasi vado ad intercettare la squadra che partiva in quel momento….. meno male che non ho colpito nessuno, altrimenti sai quante ne prendevo;
nel frattempo sono arrivati i componenti della seconda squadra, Gabriele, Stefano e Carlo che partiranno alle 21.16.30, una squadra ogni minuto e mezzo, loro faranno un tempone.
Abbiamo portato le bike in macchina e cambiate le scarpe e, mentre aspettavamo Giusy, Zambo mi ha detto: da dove hai fatto uscire quella rabbia con cui hai fatto le scale? Non le hai mai fatte prima….
E’ vero, la paura mi ha sempre frenato ma stavolta, forse quegli strani pensieri che mi girano per la testa da qualche tempo, mi hanno tolto quei freni dettati dalla paura stessa e mi hanno liberata dal idea di non saperli fare.
Oppure è semplicemente una forma di incoscienza, del pensare o la va o la spacca e del resto poco importa.
Due chiacchiere davanti alla pizza offerta ad ogni atleta dall’organizzazione, il solito via vai di quanti conosco e le battute che ne seguono anche da parte degli amici che dicono: ma te conosci tutti qua?? E si torna verso il traguardo per veder partire ed arrivare i nostri compagni di squadra, per le foto che andranno ad arricchire i ricordi, per dare ancora un occhiata a quella pedana su di cui siamo sfilati per un minuto prima di partire e che, la prossima volta, non mi farà più paura.
Tornando a casa si chiacchiera del più e del meno e già penso ad un altro posto, un altro percorso, senza scale magari ma da fare con un sorriso sul viso anche se ci sarà una marea di fango.
Valchiria è la mia compagna di viaggio, silenziosa si in quanto “cosa”, ma nessuno più di lei sa quanto sia importante per me il senso di “conquista” ogni qual volta passo un traguardo, qualunque sia il posto in classifica.
Kathy Pitton

domenica 7 marzo 2010

X Bionic con la bora!!!!



Cambiamenti climatici, surriscaldamento terrestre, piogge che si trasformano in tifoni tropicali, uragani improvvisi ed onde anomale che si abbattono sulle navi… i giornali ci hanno abituati a queste notizie e se ci dicono che nevica a marzo mentre dovrebbe esserci un po di primavera brontoliamo un poco, ci arrotoliamo una sciarpa attorno al collo e via.
Ma che la bora di Trieste avesse deciso di cambiar direzione e trasferirsi in Lombardia e per la precisione ad Asola questa domenica proprio non me l’aspettavo.
E dopo questa mise en place un po’ strana veniamo ai fatti della giornata che è meglio vah!
2° edizione della X Bionic, valida come 2° prova del River Marathon Cup e prima prova del Prestigio Mtb ( vale una stella).
Lo scorso anno con Dado era stata divertente, un poco lunga ma bella, classica gara di pianura, argini da salire e scendere e lunghi rettilinei da fare a tutta ed era stata una bella giornata di sole ma stavolta l’inverno che non vuole mollare si è preso una bella rivincita regalandoci si una giornata con qualche raggio di sole ma, a seguito delle piogge dei giorni scorsi ( e qualche inaspettato fiocco di neve), una distesa di fango dove pedalare diventa davvero difficile e faticoso ed un vento tale da far cadere parecchia gente.
Più di una volta mi sono trovata a sbandare di qua e di la facendo parecchia fatica a stare in piedi.
Stavolta con me c’è Zambo, al secolo Mauro Zamboni, che ha deciso praticamente all’ultimo momento di partecipare e, di conseguenza, con un numero piuttosto alto e nelle griglie di coda alla partenza.
Siamo in tantissimi schierati lungo il vialone che da il via alla gara, lo scorso anno poco piu di 600, stavolta i ragazzi dell’Emporio Team hanno fatto l’amplein: 1500 iscritti, un numero davvero notevole per una gara di inizio stagione.
Noi donne siamo tutte assieme in una griglia, siamo in 22 se non ho contato male e rivedo volentieri Marika, Vania e molte altre, ci si scambia qualche frase portafortuna e poco dopo, con la musica nelle orecchie,via lungo la strada per il lunghissimo giro di lancio che sgranerà il gruppo.
Non sarà una gara facile, ho la spalla dolorante a seguito della caduta delle settimana scorsa e, fintanto pedalo in pianura fila tutto liscio, ma come inizia il fango si inizia ad usare anche la forza delle braccia e li iniziano i guai e fa un male dell’accidenti.
Zambo mi supera gridando di avere problemi al cambio ma sembra un missile rispetto a me; non me la prendo, con calma cerco di mantenere un ritmo costante e avanti cosi.
Sono tanti i ragazzi che mi salutano passando, sono anni ormai che giro per i campi di gara di mezza Italia e loro sono abituati a trovarmi un po’ ovunque nei vari percorsi, tipo prezzemolo insomma; cerco sempre di non rompere le scatole a quelli che hanno fretta di passare ma porto a termine le mie gare, tutte, con serenità, sapendo che la mia testardaggine me le farà finire sempre e comunque, prima o poi si arriva in fondo.
Mi piace cosi tanto rivedere ogni domenica i loro volti, Roby l’istruttore di spinning, Super Mario che mi abbraccia e mi solleva per aria nonostante io gli urli di non farlo, Umberto e Marino, i ragazzi degli Slowbikers o gli Mbo, è come se ogni fine settimana mi facessi un regalo da far durare esattamente sei giorni per poi rifarmene un altro la domenica successiva.
Di questa gara ricordo soprattutto il vento, talmente forte che sembrava volermi fermare e mai, dico mai una sola volta è stato a favore! O da destra o da sinistra o dietro, raffiche da paura; ho visto alcuni ragazzi volare letteralmente a terra, senza grossi danni per fortuna ma comunque è un peccato dover interrompere una gara, è come se mancasse il sale alla giornata e tutto diventa insipido.
Poi il fango, quello bello grasso che si appiccica dappertutto e rende davvero difficoltoso pedalare, quello che speri finisca presto e lasci spazio ad una strada bianca seppur piena di pozzanghere ma su di cui puoi pedalare ed andare avanti.
E finalmente sento da lontano la voce di Alfio Montagnoli e so che la gara stà finendo ed il traguardo è la, appena dopo quelle piante ed allora mi sento più leggera e diventa più facile guidare Valchiria fin sotto lo striscione dell’ arrivo.
Due parole con Alfio ed il suo microfono e la stanchezza sembra lasciarmi ed arriva il benessere, quello che mi fa star bene e sorridere; mi avvicino al camper fermo tra decine di altri nel parcheggio, Valchiria nel garage interno ed un dolce calore mi accoglie, mi rilasso un po’ aspettando l’arrivo di Mauro.
Il resto è quella routine che fa parte di ogni singola gara, grande o piccola che sia, il pasta party e le premiazioni, due chiacchiere con gli amici e l’appuntamento alla prossima gara, la prossima domenica sarò di nuovo in terra emiliana.
Un po’ di musica ci accompagna verso casa e siamo entrambi silenziosi, stanchi, ognuno con i propri pensieri; il bello di essere compagni di squadra è che si conoscono le sensazioni l’uno dell’altra e non bisogna spiegare come ci si sente, lo si sa e lo si capisce.
Negli ultimi tempi alcune cose non hanno girato per il verso giusto, lasciandomi un po’ di amarezza e parecchia tristezza da smaltire, ma so anche che , poco alla volta, riuscirò di nuovo ad essere serena perché il dolore passa, restano solo le cicatrici ma quelle le puoi nascondere.
Nel mio modo di vedere e vivere la mtb ho imparato che si deve saper accettare la fatica cosi come il sudore perche’ fanno parte di questo sport; spero di poter vivere ed accettare anche altre situazioni, accettando di pagarne lo scotto se è questo che devo fare, se questo significa poter continuare a sorridere.
Oggi è un giorno cosi.
Kathy Pitton

giovedì 4 marzo 2010

Un gesto stupendo!!!!



Qualche volta i bikers vengono presi in giro per la loro mania di mangiar fango, per la loro voglia di macinare km su sterrati e strade bianche ma, altre volte ancora, hanno un cuore talmente grande da far luccicare gli occhi.
La scorsa estate uno dei componenti degli Slowbikers di Brescia, in vacanza al mare, fece amicizia con un ragazzo diversamente abile, Roberto, residente a Ranica (Bg), appassionato di ciclismo ma le condizioni fisiche gli impediscono di praticare questo sport in sicurezza.
In pochissimo tempo i bikers bresciani gli hanno approntato una bicicletta a tre ruote e, presentandosi a casa sua nel paese bergamasco, lo hanno ufficialmente “adottato” in squadra con tanto di maglia, casco e guanti.
Al nuovo componente degli Slowbikers un augurio: un milione di pedalate!

lunedì 1 marzo 2010

Memorial Menegatti

Memorial Menegatti
Gare Uisp su strada, tra il Veneto e l'Emilia Romagna, quasi tutte in circuito.
Alla prima esperienza su strada,con la sua partecipazione al circuito stesso porto a casa un terzo posto a pari merito.
Di seguito la classifica ( www. cicloclubestense.it)

SAMPAOLESI EMANUELA - COCLI SIMONCINI- PUNTI 24
LEVRATI PAOLA- CICLI SOPRANI- PUNTI 18
PITTON CATERINA- G.C.ISEO- PUNTI 18

Se son rose fioriranno!