La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


lunedì 1 giugno 2009

24 ore per un avventura.


Iniziata venerdi mattina con il carico materiale sulla macchina, tenda, sedie pieghevoli, tavolino, materassino coperte e, naturalmente, Valchiria, e finita domenica pomeriggio alle 17, quando tutto quanto è tornato al suo posto a casa tra le mille domande di mia figlia e la schiena che urla vendetta!
Ma come sempre del resto, mi restano attaccate sulla pelle una grande quantità di emozioni, di sensazioni e la voglia di ricominciare tutto da capo nuovamente a dispetto di quanto pensavo in gara, quel “chi cavolo te lo fa fare, ti pagassero almeno…”.
A filmare le scene probabilmente ci sarebbe da vincere un qualche premio a Paperissima, mi sono ingarbugliata nelle corde della tenda almeno tre volte ed i picchetti che li martellavo nel terreno e loro paff che risaltavano fuori e la location poi… io ho valutato la vicinanza delle “comodità” del campeggio, i bagni, le docce ed il parta party ma l’essere vicino al cimitero ha fatto si che fino a sabato mattina fossi in completa solitudine, ma in compenso gli alti muri del cimitero stesso hanno protetto la tenda dal vento fortissimo della notte.
Arrivando prima dell’inizio della gara ho visto l’accampamento crescere poco alla volta ed animarsi di gente e colore, ho avuto il tempo di ritirare il pacco gara ed il numero con calma (ed anche di dimenticare le tessere della Fci in giro), di fare una passeggiata sul lungolago di Idro e di cenare con un gelato e fragole comodamente seduta a guardare l’area Partenza/arrivo prendere forma ed i ragazzi del “Gatto Giallo” muoversi come formichine per allestire tutto.
Il sabato mattina sembrava un altro mondo: camper e tende ovunque, ragazzi in bike a provare il percorso e dai primi commenti mi è venuta la pelle d’oca: duro e tecnico!
Ecco lo sapevo, decido di tornare dopo due anni e mi ribaltano il percorso e lo fanno difficile cosi stà Tartaruga Zoppa farà una fatica dell’accidenti!
La decisione di non provare il percorso per scaramanzia è quasi ovvia, cosi non mi spavento subito e stò tranquilla che è meglio.
Alle nove arriva anche il mio compagno di squadra e di avventura El Zambo Solitario e si accampa poco lontano seguito appena qualche minuto dopo da Beppe, anche lui in solitaria.
Breefing capitani, le regole da seguire durante la gara ed in un attimo arriva l’ora della partenza, rigorosamente in stile Le Mans che faccio, come sempre, senza correre ma con calma, avrò 24 ore di tempo per pedalare e macinare chilometri.
Qualche km in paese e poi a lato di un torrente fino alla prima salita, lunga e veramente impegnativa fino all’inizio di un sentiero nel bosco dove puoi lasciar correre le ruote della bici ma attenzione alle radici che affiorano, ai sassi che cadono dai lati e giu giu giu fino allo strappetto della cascata e di nuovo su per un lungo singletrack …. E via in discesa poco dopo su di una strada bianca fino al salto che ti porta sotto un ponte e nel greto di un torrente.
Quante volte ci sono passata sotto, quante volte ho dovuto scendere dalla bici perché non riuscivo a salire lungo la stradina pedalando e quante altre volte ho avuto paura di non riuscire a controllare Valchiria in discesa.
Spesso mi sono fermata a far passare i ragazzi più veloci, quelli che in squadra fanno due giri a manetta poi si fermano e che, qualche volta, hanno poco “rispetto” dei solitari che pedalano 24 ore e sono, di conseguenza più lenti.
Il percorso è, a mio avviso, molto bello, tecnico e vario ma concede poco spazio ai sorpassi ed è successo più volte che nella foga agonistica, una sgomitata più o meno volontaria facesse volare qualcuno giù dal sentiero nel bosco sottostante; io ho cercato di intralciare il meno possibile a discapito dei miei tempi al giro, ma non avendo velleità di podio la cosa non mi ha cambiato le vita di molto.
Quello che invece ha reso la mia 24 ore speciale sono state alcune persone che considero grandi per mille motivi: Anna Mei che passandomi accanto mi ha dato una pacca sulle spalle dicendomi di non mollare e lo ha fatto più volte, Ausilia Vistarini, la Biancaneve della mtb, che ad ogni sorpasso mi incitava ad andare avanti, a Margherita Bertamolli col suo sorriso ed a Ilaria Balzarotti con un orsetto attaccato sotto la sella (credo sia il suo portafortuna) ed a tutte quelle ragazze e donne che lottano per le prime posizioni e di cui non ricordo il nome che mi hanno spinta ad andare avanti e non mollare mai!
Ed a quei ragazzi che pare abbiano una moto sotto il fondoschiena e non una mountain bike, come Ermanno dell’Agnosine, come Zorro degli Slowbikers, Cristina Dusina che è una forza della natura e di quanti che ho conosciuto in questi anni in migliaia di km in bike che ad ogni passaggio mi dicevano una parola o mi offrivano qualcosa da bere o assistenza.
Ad altri amici che, seppur non in gara, mi hanno appoggiato come Dado che, libero dal lavoro, è venuto fin lassù per fare il tifo oppure Giorgio dei Crew che mi sono trovata lungo il percorso ad urlarmi “dai kathy…sei fuori” ed ancora Super Mario che alle otto la sera, ad un passaggio dal traguardo mi grida che la grigliata è pronta……
Si perché la mtb è anche tutto questo, l’appoggio incondizionato di persone che non conosci ma che sono parte di questo mondo e gli amici che ti incoraggiano ad andare avanti nonostante sia dura, nonostante faccia freddo e l’unica cosa che vorresti è riposare ed è li che scatta quello strano meccanismo che fa diventare la fatica un amica da cui non riesci a staccarti e di cui non hai paura.
Di notte ho deciso di riposare, non vedevo bene le asperità del terreno lungo i sentieri ed i fari sembravano solo peggiorare le cose e la decisione di fermarmi è stata per me la più giusta seguita, poco dopo, anche da Zambo.
Le ultime ore del mattino fino allo scoccare della 24 esima ora le ho passate pedalando e nell’ultimo giro ho visto poco avanti a me tutte le Ironwoman dell’endurance assieme e mi sono accodata per un attimo, ho passato il traguardo con loro, con il “brava” di Ausilia nelle orecchie mi sono avvicinata al mio “campo base” per riposare finalmente e, da brava sentimentale, due lacrime mi sono scese a rigare le guance: è stata la mia prima endurance veramente in solitaria, senza assistenza ma sono riuscita a finirla e per quanto magari non sia una grande performance, è il mio risultato e conta per me stessa.
Ora che tutto è finito e nonostante il mal di schiena e la stanchezza che tarda ad andarsene la voglia di fare qualche altra gara, di vedere altri posti è grande…. Chissà dove andrò la prossima volta.
Kathy Pitton

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