La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


domenica 15 gennaio 2012

L'addio ad un amico


Ciao Mario.

Con te credo che se ne sia andata quella parte scanzonata e casinara della mia giovinezza eppure, mentre ripenso a te, non posso che sorridere.
Quanti anni avevamo?
Io 12 e tu 17 se non ricordo male, con quei sogni che tutti i ragazzi hanno e fanno a quell’età, con la voglia di scappare e fare cose “grandi” per lasciare il segno, per essere diversi ed unici.
Quel tuo sorriso ironico e mascalzone, la scuola un po’ si ed un po’ no…. Ricordo ancora tuo padre che parlava col mio, accompagnato dal vostro cane, quello stupendo dalmata chiamato Oro….
Quanto tempo è passato da allora.
Ti vedo li ora, con la staticità data dalla vita che ti è scappata dal corpo e rivivo ogni risata, ogni corsa sul lungolago, ogni uscita con quell’immensa compagnia fatta di amici veri, su motorini scassati, le prime sigarette rubate e fumate un tiro tu ed un tiro io, le birre bevute per sentirsi grandi ed essere solo dei piccoli uomini ( e donne) che vogliono farsi vedere forti…
E non eravamo mai soli noi perché c’eravamo sempre, bastava un fischio.
E poi la moto anzi le moto, le corse pazze sentendosi liberi di volare fino a quel giorno in cui tu hai volato davvero, portando sul corpo i segni che hanno condizionato la tua vita per sempre.
Eppure hai vissuto ugualmente, lavorato, viaggiato nonostante il tuo handicap non da poco.
Quanti aperitivi abbiamo bevuto in compagnia sul lungolago?
Tu, io, a volte Dado, altre volte ancora qualche tuo amico olandese e mi facevi tradurre le cose più balzane….

Poi arriva questa settimana, una delle tante giornate in cui sono ad Iseo di “passaggio” tra un giro a Venezia e le vacanze in Slovenia e ti vedo al Lume, con la fatica che ti segnava il viso per i movimenti che avevi dovuto fare per entrare e sedere al tavolino e ti abbraccio come sempre e ti do il “bacio di Natale”, quel rito tutto nostro da 30 anni a questa parte; un aperitivo noi tre, tu, Dado ed io, gli amici da una vita e certo non immaginavo di non incontrarti più.
Te ne sei andato cosi, velocemente, al tavolo del ristorante dove cenavi in solitudine sebbene attorniato da decine di persone e neppure la mano amica di un medico seduto al tavolo accanto ti ha trattenuto tra di noi.
Un laconico messaggio di Dado mi avvisava dell’ accaduto e mi chiedeva di rinviare l’uscita in bike per rendere omaggio a te e sono corsa a casa tua, quella dei tuoi genitori dove la tua famiglia ti ha portato per l’ultimo saluto.
Ho pianto chiedendo scusa ai presenti, chiusa in un mio dolore profondo, in un angolo di quella stanza con il tuo cane, quello che chiamavi Pantofola, che mi guardava e sembrava capire quello che provavo.
Vai in pace Mario perché dalla vita che ti ha tolto tanto hai preso tutto quello che hai potuto, rubandolo a morsi e facendola tua comunque e stai sicuro che farai parte dei miei ricordi per sempre.
Un brindisi amico mio
Kathy

1 commento:

Monte Cantiere Outdoor ha detto...

Ciao Kathy, mi sono venuti ilacrimoni a leggere questa cosa... ultimamente mi capita spesso, sarà l'età... o forse sarà che vedo la vita con un'altra ottica. So solamente che le parole che hai scritto fanno trasparire pienamente quello provi, condoglianze Kathy, per un Amico che ha avuto una grande Amica.
Timmy