La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


martedì 6 settembre 2011

Sola sui pedali

24h Val Rendena 2011

Solitario.
La definizione etimologica sta per “persona sola, incline alla solitudine per scelta”…. Credo si adatti un poco a me in questo periodo ed in particolare per quanto riguarda la mtb.
Scegliere di fare una 24h in solitaria è un po’ come mettere in gioco se stessi contro tutto e tutti, provare a scavalcare i limiti della resistenza fisica e mentale innanzitutto, mettendo a nudo resistenza, allenamento, paure e pensieri, tutto quello che nella vita di ogni giorno è al margine, in queste competizioni diviene primario, principale, al centro di ogni cosa, di ogni singolo minuto.
E se lo sai, perché più volte lo hai fatto e provato, allora diviene un richiamo simile al canto di una sirena, un qualche cosa che spaventa ma attira al contempo, una sfida a cui non vuoi o non sai rinunciare.
E se poi la bellezza dei luoghi e della competizione stessa sono unici, se l’organizzazione fa di tutto per metterti al centro dell’evento in se, beh allora ci vai senza pensarci troppo.
Ho atteso di vedere i turni di lavoro del mese di settembre prima di mandare l’iscrizione, ma già ero pronta giorni prima con la mia casetta su ruote con le cisterne piene, il frigorifero funzionante e tutto quanto potesse servirmi per la trasferta.

Venerdì al lavoro fino alle 17.30, una volata a casa per mettere la bike a bordo, passaggio del portafoglio dalla borsa da lavoro allo zaino e via, verso la tangenziale e la Valle Sabbia seguendo il lago d’Idro fino in Trentino ed il paese di Strembo.
Sono due ore di guida ed arriverò alle 20.30, su per giù l’orario che avevo previsto, parcheggio nell’immenso spazio per camper messo a disposizione dall’organizzazione, ci metto un momento ad attrezzare l’area (tenda, tavolo, sedie, cunei per le ruote) ed è ora di cenare, la fame si fa sentire.
L’accampamento è già pieno di gente, tende, camper, gazebo colorati con i loghi delle varie squadre, vedo facce note e lo scambio dei saluti è la parte più bella dell’incontro.
Tanti si meravigliano del fatto che, stavolta, sia veramente in solitaria, nessun famigliare, nessuno della squadra, sola con me stessa e con i miei pensieri ma forse è meglio cosi.
Un giro a tendone che ospita la serata musicale e, nonostante ci sia la possibilità di cenare li, decido per un piatto di pasta da cucinare sul camper, un pezzo di film alla tv ed a nanna presto.
Appoggio il telefono sul letto mentre ceno, guardo le immagini di un vecchio film poliziesco scorrere sullo schermo e decido di mandare la buona notte a mia figlia ma il mio telefono ha altre idee…. Si è infatti spento e non ci sono storie, non si accende più! E dire che non è scarico, provo a mettere e togliere la batteria più volte ma nulla da fare, morto.
Alla faccia dell’alta tecnologia….
Vado a nanna, guardo il cielo e vedo le stelle dall’oblò superiore, spero restino a brillare lassù visto che le previsioni davano acqua per questo fine settimana.
Mi sono svegliata al mattino dopo alle nove, incredibile quante ore sia riuscita a dormire visto che a casa giro per le stanze tutta notte lottando con un insonnia che mi tormenta da mesi; colazione con calma, una passeggiata fino in centro al municipio per il ritiro del pacco gara e del numero da attaccare alla bike, deviazione fino alla bottega del paesino per l’acquisto delle tre cose che voglio portare a casa e me ne torno al camper per preparare me e la mia Valchiria alla lunga scorrazzata per le stradine della gara.
Alcuni dicono che il percorso è diverso dallo scorso anno, che è più lungo e tecnico, altri che è più corto ma con delle salitone… beh vedrò al momento, non mi passa neppure per l’anticamera del cervello di provarlo, ho 24 ore di tempo per farlo con calma e senza troppa fretta.
Chiedo in prestito il cellulare ad uno dei ragazzi del Team Novagli per fare uno squillo a casa altrimenti mi danno per dispersa e tolgo finalmente la mia cavallina dal gavone, la piazzo sul cavalletto e me la guardo in palese adorazione.. e si, la mia Valchiria è proprio carina, con quell’aria vissuta data dalle ammaccature lasciate dalle cadute, dai graffi sul telaio che la fanno sembrare una vecchia signora come me, ma con stile però!
Si perché sotto la polvere depositata dal tempo batte un cuore da guerriera che pulsa, ama e non dimentica mai un percorso, non smarrisce la strada su di un sentiero e riconosce le tracce lasciate anno dopo anno perché il tempo passa ma i ricordi restano, per sempre.
La lucido, olio alla catena, pulisco i cerchioni e vedo un pezzetto di legno che sembra uscire dal copertone posteriore, accanto al cerchione, cerco di toglierlo ed in un attimo si leva la schiuma dell’ultimo fast messo all’interno del copertone… sembrava nevicasse col fischio!
Cavolo era piantato profondamente nel copertone ed una volta uscitone lascia un taglio di due centimetri che non posso riparare; vado ne panico, ed adesso che faccio?
Ho una marea di pezzi di ricambio, catene, un deragliatore, di tutto ma un copertone no…. Ma uffaaaaaaaa.
Di corsa verso il traguardo dove c’è l’assistenza meccanica, non lo possono riparare e devo cambiare il copertone che non hanno li però.

Sinceramente ho pensato di dover rinunciare alla gara.
Ma sono in debito con quei ragazzi, uno è partito in moto per andare a prendere un copertone che andasse bene, mi hanno cambiato tutto e messa in condizioni di partire, alle 11.50 mi hanno consegnato Valchiria con anche il cambio regolato ed alle 12 ero alla partenza.
Tranquilla però, una specie di calma apparente mi ha presa ed è stata la mia compagna per molte ore.
Essendo sola l’obbiettivo era non farsi del male per poter tornare a casa sulle mie gambe; avevo preparato tutto quanto potesse essermi utile quali borracce, barrette e panini, sistemato tutto sul tavolo sotto la veranda in modo che, dal percorso, potessi uscire ed in pochi metri trovassi tutto quanto mi servisse.
Via che si parte, segui la biga dei ragazzi romani, inizio il lungo giro che ci porterà fino alla fontana di Caderzone e da li in poi il percorso è molto diverso dallo scorso anno, non più sulla ciclabile ma sul ponte fino alla tre rampe in salita sterrate ma anziché salire lungo la strada provinciale che porta a Bocenago, si gira nel campo verso la strada bianca che segue il fiume fino all’altro ponte, strappone in salita sopra la galleria della tangenziale, salita lungo la sterrata fino al campo da golf che non si attraversa quest’anno ma si lambisce, salita sui ciottoli del centro storico fino al vicolo con le scale e ritorno e poi giù sulla lunga discesa nel campo fino alla rampa da fare a tutta altrimenti ti pianti e di nuovo giù fino a quella specie di discesa modello argine che di solito non faccio per paura, sotto un ponte, sterrata lungo il fiume, di nuovo sul ponte, argine e zigzag fino all’arrivo e si riparte.
E si è diverso dallo scorso anno.
L’obbiettivo è quello di fare due giri più dello scorso anno con calma.
Fino alle sette di sera continuo a girare, con calma, senza fermarmi se non per una borraccia da riempire, un piatto di pasta per ripartire con la benzina nelle gambe e la decisione di riposare un poco verso le 22.
Mi ritiro in camper ed ho giusto il tempo di togliermi la maglia bagnata di sudore che sento le prime gocce di pioggia sul tetto.
Faccio al doccia con calma, mi faccio un the caldo e decido di dormire un po’….ma le braccia fanno male, i polsi sono doloranti per le vibrazioni della bici in discesa lungo quei campi; a furia di passare centinaia di volte, le ruote artigliate hanno scavato solchi e piccole buche che fanno vibrare le bici in velocità…..non si dorme insomma.
Ma girare di notte con la pioggia è un'altra storia.
La polvere si è posata, questo si, ma devi indovinare la scia lasciata da altre bici, quel vedo non vedo che rende tutto più complicato e speri che nel frattempo non sia caduta una borraccia o che una radice, a furia di passarci sopra, non sia affiorata rendendo il percorso infido.
Ed allora, dopo essere scesa lungo la zampetta che porta sulla strada sterrata che porta al ponte ed aver sentito la ruota dietro scodare ed aver salvato capre e cavoli all’ultimo secondo, decido che di notte vado a riposare, e se ne riparla domattina.
Ma il sonno non arriva e sentirò la musica della festa nel tendone tutta notte ed alle sei dei mattino mi preparo una minestra calda con pane e formaggio, un caffè e riparto nell’alba fresca e nuvolosa.
Ma la fortuna ci ha sorriso….il tempo tiene e solo qualche goccia una volta ogni tanto verrà a raffreddare le braccia.
Saranno molte le volte in cui mi fermerò al ristoro per un caffé, e molte saranno le volte in cui mi fermerò ad accettare il caffé di un ragazzo che fa assistenza a Mister Titti lungo il percorso; mi offrirà anche brioche e biscotti in verità ma ho sempre declinato l’offerta.
Poco alla volta la mattina scorre ed è quasi mezzogiorno.
Lorenza Menapace si è ritirata dalla competizione cosi come Sandra Lever e mi dispiace saperlo; Astrid de Rosa sarà la vincitrice di categoria con un numero di km impressionante nelle gambe, 400 circa.
L’ultimo giro lo farò con Anna Facchi, nuova reginetta dell’endurance nazionale, terza con 350 km all’attivo, un sorriso disarmante d una simpatia contagiosa, taglierò il traguardo con lei con le lacrime agli occhi, stanchezza, felicità, consapevolezza, orgogliosa di aver terminato una gara lunga e dura e di aver macinato 278 km.
Forse accanto ai numeri di altre ragazze è una piccolezza ma io ho fatto quanto mi sono sentita di fare, senza sforzi sovrumani ma senza mollare perché questo è ciò che sono.
La doccia lava fatica e polvere, il piatto di pasta toglie una fame che in fondo non c’è, le premiazioni ti danno quell’attimo di gloria sul palco che non sempre cerco ma che resterà nelle foto e nella memoria con u piacevole sorriso.
Si deve tornare a casa ora.
Poco alla volta il campo si svuota e sotto un acqua torrenziale parto; poco dopo sarò ferma lungo la strada per un brutto incidente occorso ad uno dei partecipanti alla gara, forse la velocità sull’asfalto bagnato o forse ancora l’incoscienza, fatto sta che mi spiace vedere le bici a lato strada deformate dalla botta, un carrello staccato e ribaltato e le due macchine scontratesi frontalmente, mi fa male pensare che fino a poc’anzi quel ragazzo era in sella sorridente seppur stanco ed ora è li, ferito… ma non quelle ferite che noi biker chiamiamo medaglie, tutt’altro purtroppo.
Ci fanno deviare lungo una strada laterale e poi si riparte.

Sembra che questo temporale non dia tregua e lungo le sponde del lago d’Idro si va a 30 all’ora, non di più. E sulle coste verso Odolo e Nave sarà ancora peggio, con un fiume d’acqua arancione piena di detriti che scende lungo la discesa ed i tornanti, rendendo non certo facile la guida alle piccole auto che mi precedono mentre il mio camper, ingombrante quanto vuoi ma pesante 4 tonnellate, fende il fiume d’acqua senza grossi problemi se non le mie paure di non riuscire a tenerlo in strada, stanca da matti e con tanto sonno arretrato.
Ma presto sarò verso la città e da li verso casa lungo la tangenziale, mentre mi lascio alle spalle la pioggia e la mia lunga cavalcata in sella.
Ogni volta sembra che sia passato un solo attimo dalla partenza al ritorno e mentre son li, a togliere divise sporche e bike dal camper per riporre e lavare tutto, i pensieri immancabilmente vanno a ieri, alla gara, a quel poco che magari avrei potuto fare in più o forse in meno, a quanto mi sarebbe piaciuto avere qualcuno accanto che pedalasse con me o solo a farmi un sorriso quando mi fermavo per riposare ma non è cosi purtroppo.
Solitari si nasce o lo si diventa, nella vita o sui pedali e diventa una scelta semplicemente perché non puoi far diversamente.
Ora sto guardando le previsioni del tempo per il prossimo fine settimana, c’è un'altra piccola endurance poco lontana da casa, ho già calcolato la rotta per il mio navigatore ed il mio “bestione” su ruote, in un ora e mezza sarò la…..

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