
Non ricordo se sia l’obbiettivo numero due oppure il tre, sta di fatto che ho concluso il River Marathon Cup 2011.
Quattro prove di pianura alla fine dell’inverno, di seguito, due nel mantovano e due in Emilia, strade e percorsi che conosco a memoria salvo le varianti dell’ultima ora per esondazione del Po’ od affluenti vari.
Questo fine settimana era la conclusione del circuito, a Pomponesco, la Granfondo dei tre Comuni in memoria di Gianfranco Ugolini ed il mio weekend è iniziato sabato mattina, con molta calma come sempre.
Certo che una settimana a casa con febbre spaccaossa ed una tosse che sembrava una riunione di fumatori incalliti non ha certo aiutato la Old Lady qua presente ma la voglia di andarci era piu forte di tutto ed allora via su quel mezzo che, per me, è casa a tutti gli effetti.
Arrivo a Pomponesco per vie alternative all’autostrada, tanto non ho fretta e passo da paesi sconosciuti e luoghi che non ho mai visto ma se non hai fretta il bello del viaggio è proprio il viaggio stesso, anche se non vai molto lontano, una volga arrivata il viaggio finisce e restano solo le immagini raccolte dagli occhi lungo la strada.
Parcheggio al solito posto accanto alla grande struttura che accoglierà il pasta party e le premiazioni, mi preparo un pasto veloce, qualche capitolo del libro che mi sono portata appresso e via a fare due passi per il piccolo paesino e la sua grandissima piazza rettangolare che finisce su di un cancello di cui restano solo i due pilastri laterali e che guarda sulla lunga scalinata che risale l’argine.
Faccio una passeggiata lungo il porticato, sono ani che vengo fin quaggiù ma non l’ho mai percorso a piedi, e vedo un piccolo e bellissimo ristorantino nascosto sotto le volte del portico, le lunghe tovaglie bianche che sfiorano il pavimento e la cristalleria lucida e brillante a riflettere la luce artificiale dell ambiente.
Poco dopo la sede del Municipio con un cartello che indica che, alla fine del febbraio 2011, i residenti nel comune sono 1711….praticamente poco più della mia frazione.
Seguo il contorno della piazza, arrivo in fondo e risalgo la lunga scalinata sull’argine e resto a bocca aperta! Vi è acqua ovunque, a destra ed a sinistra, nei campi, nel bosco, negli appezzamenti con le centinaia di piante di pero, dovunque io guardi vedo acqua e fango.
Ma lo scorso anno non passavamo di la in bike?
E dove passeremo quest’anno?
Vedo gli sguardi di altri che, come me, domani saranno in sella alla loro bike, e tutti hanno lo stesso interrogativo sul viso…ma dove passiamo?
Il vento freddo mi fa scendere nuovamente verso la piazza e continuo la mia piccola esplorazione; le case, tutte, hanno tra il piano terra ed il primo piano come una riga di umidità, non capisco se sia il segno di qualche esondazione o se sia l’acqua che spinge da sotto terra e risale lungo i muri…siamo nella zona dei fontanili se non ricordo male ed infatti mi viene confermato da uno del posto che dice: qua il fiume non arriva ma sale da sotto….
Arrivando a piedi avevo notato che, nel bel mezzo del porticato ad est c’è la facciata della chiesa parrocchiale con una strana croce gotica sulla sommità mentre il campanile è stato costruito dietro, come se fosse spostato rispetto al corpo centrale della chiesa stessa, ma forse è solo un illusione ottica, sta di fatto che decido di entrare.
Qualcuno sorriderà leggendo queste parole, conoscendo il mio stato di atea assoluta, ma ogni chiesa è fondamentalmente un opera d’arte antica e devo dire che è veramente bella nella sua semplice atmosfera di abbandono.
Non è una chiesa abbandonata ovviamente ma i colori si stanno sgretolando per via dell’umidità, i pannelli di legno portano i segni di anni di infiltrazioni d’acqua e le colonne imponenti che si levano verso quel cielo in cui salgono i canti sacri di chi li intona si sfaldano lasciando sulle mani il colore del gesso usato.
Si vede l’opera di uomini che cercano con ogni mezzo di salvare il loro luogo sacro, il luogo in cui presumibilmente sono stati battezzati e dove hanno battezzato figli e nipoti e dove verranno salutati per l’ultima volta, le impalcature messe li per salire e pulire quanto l’acqua rovina…
E’ un luogo di pace comunque ed anche se io non credo e non professo rispetto chi ha credo a sufficienza anche per me.
Ne ho osservato i colori offuscati dal chiaro scuro, le immagini dei dipinti e l’oro dell altare, ho girato tra i banchi sfogliando i libri lasciati li a far muovere le pagine con un refolo di vento entrato dalla porta e poi me ne sono andata uscendo dalla porta laterale da cui ero entrata, tornando sulla piazza, seguendone il contorno per finire il giro e tornare verso il parcheggio passando davanti al teatro 1900, un vero e piccolo teatro, più di un secolo di vita, attivissimo per un cosi piccolo paese.
Il cielo si sta riempiendo di nubi scure e la sera sta scendendo lasciando un vago rossore all’orizzonte, il parcheggio si è riempito di macchine e di ragazzi e ci metto un po’ a capire il motivo di tutto questo movimento ed un vicino di camper mi avvisa che c’è una festa stasera…. Buon per voi ragazzi, io vado a leggere.
Una cena veloce, il libro da finire e la tele che mi fa compagnia; fuori un via vai di ragazzi e macchine sempre piu intenso e credo che i motivi musicali sentiti fino alle tre del mattino mi rimbomberanno nelle orecchie per un bel po…..EEEEEEEEe l’amico Charlieeee………….
Oppure guarda come dondoloooooooooo guarda come dondoloooooooo ballo il twist………
E tutta roba del genere!
Magari se fossero stati gli AC/DC avrei dormito…..
Non ne potevo più!
Quando poi ha cominciato anche a piovere ho pensato veramente di rintanarmi sotto il piumone con i tappi nelle orecchie e dormire all’infinito.
Poi è arrivata l’alba, ha dipinto di rosso le nuvole ed ha fatto spazio al sole nascosto poco lontano; hanno iniziato ad arrivare le macchine ed i furgoni dei tanti biker, li ho sentiti chiacchierare mentre mi facevo il caffè e preparavo le borracce, aspettando il messaggio di Lorena ed il suo arrivo.
Guardando fuori dalla finestra avevo di fronte lo squadrone dello Sculazzo con le sue maglie nere mentre a destra avevo le felpe azzurre dell Emporio team, mi sentivo come in una specie di abbraccio tra amici, i visi rilassati e sorridenti, le pacche sulle spalle e le aspettative di questa giornata sui pedali.
Inizio a preparare me stessa e la bike, arriva Lorena e trova parcheggio praticamente a venti metri da me nonostante ci sia già tantissima gente attorno e scopro che ha lavorato tutta notte all’ospedale e finito il turno è partita alla volta di Pomponesco… se non son matti non li vogliamo ed i miei amici lo sono davvero!
Arriva pure Gianmaria a dirmi: ma che faccia che hai…..
Beh insomma, una settimana di febbre e tosse lasciano il segno, consono certo fresca come una rosa, sono parecchio appassita direi ma non mollo e quel che sarà sarà alla faccia del risultato finale.
Ci vuole sempre poco perché arrivi l’ora di mettersi in griglia e di scambiare qualche battuta con chi mi sta attorno ed un attimo dopo via che si parte per il giro di lancio dove, tutto sommato , tengo il ritmo abbastanza bene; si ripassa per il traguardo e via verso il percorso vero e lungo da ripetere due volte.
E qua credo di aver iniziato a dar fondo alla mia energia, spegnendomi poco a poco come una candela; il poco dormire, l’essermi alimentata non correttamente per una competizione cosi lunga, la febbre che mi ha disidratato poco alla volta e l’integrazione non corretta non hanno lasciato scampo, dopo 20 km ero al lumicino, assetata e stanca e con una gran voglia di fermarmi.
Pian piano si è avvicinato il traguardo ma il secondo giro non l’ho fatto, mi sono fermata e, dopo la piccola intervista di Alfio, me ne sono andata verso il camper ed una doccia rendendomi conto di essere sfinita.
Stavolta credo di aver dato fondo proprio a tutto quanto avessi da dare, di più non potevo e seppur sia una gara di pianura i pedali devi spingerli comunque per arrivare in fondo.
Il pasta party con Lorena e gli altri amici, l’attesa delle classifiche e scoprire che non ci sono ( per due gare di seguito mi girano i maroni), reclamare ed ottenere sia l’inserimento nella classifica All Finisher che l’inserimento nella classifica ufficiale di gara.
Aspettare la premiazione di Lorena che oggi è andata alla grande e, dopo i saluti a tutti ed un arrivederci alla prossima, mene torno al camper, con calma faccio tutta la procedura di preparazione alla partenza e finalmente metto le chiavi nel cruscotto ed avvio il motore.
Ho deciso di non fare l’autostrada neppure al ritorno, seguirò il naso e vediamo dove vado a finire, le indicazioni per Mantova e Cremona ci sono, vediamo se trovo anche quelle per Brescia.
Mentre passo lungo il ponte sul Po’ mi rendo conto che è come se avesse deciso, lui il grande fiume, di espandere il suo dominio come se avesse preso una cartina geografica ed ai lati del fiume stesso avesse messo una spanna a matita e colorato tutto di marrone, ovviamente nella realtà quella spanna è larga piu o meno un chilometro forse anche due….
E’ impressionante quanto si allarghi quando esce dal suo tracciato naturale e non vi è nulla che lo fermi, si impadronisce di campi coltivati, cascine e stalle, strade e sentieri; leggo che questa o quella strada sono chiuse, che in alcuni punti i passaggi sono a senso unico alternato oppure vengono indicate strade alternative… qua è lui a casa ed è lui che comanda.
Dopo quasi un ora di strada inizio a leggere nomi di paesi famigliari e mi trovo all’interno del parco del Mincio, un lungo nastro d’asfalto che fila diritto tra boschetti e piccoli borghi con punti di sosta per camper lungo i laghetti; avrei voglia di fermarmi ma il desiderio più grande è andarmene a casa da mia figlia.
E poi quando arrivo, scarico tutto, inizio a riporre e lavare ed in un attimo è già tutto dimenticato, la fatica e la stanchezza se ne andranno in un lungo sonno ristoratore ma la mia testa è già altrove, un'altra regione, un altro dialetto ed un altro percorso….
Sarà montagna la prossima volta, niente pianure baciate dal fiume ma sentieri in salita e discese da guidare con attenzione senza cadere, sarà molto più dura ma sarà un'altra avventura.