Dopo aver stipato per una settimana materiale di vario genere in salotto, ci mettiamo quasi due ore a caricare il camper per la seconda spedizione in Emila.
Mai avrei pensato che la generosità dei miei compaesani arrivasse a cosi tanto, mi sono ritrovata a gestire 13 quintali di materiali quali coperte, trapunte, lenzuola, sacchi a pelo, vestiti e giochi per bambini, pampers, tende da campeggio ed il farci stare tutto sul camper in un viaggio solo si è rivelato impossibile per cui eccomi in partenza per Ostiglia stavolta, dopo aver passato la scorsa settimana 4 giorni a Pegognaga.
Mi accompagna Lorena, si è presa due giorni di ferie per questo “viaggio” che tutto è meno che avventuroso e si parte alle 18 dopo essere corsa a casa dal lavoro, un cambio d’abito veloce, scarpe da ginnastica ai piedi ed un caffè caldo per allontanare stanchezza ed un po’ di fame.
Il cartellone attaccato sul retro con scritto “materiale pro terremoto” ed il logo del G.C.Iseo l’ho messo con l’intenzione di far capire ai bisonti della strada che se vado piano è perché sono solo un pochino sovraccarica ed il frenare è un poco difficoltoso per cui mi scuseranno se in autostrada farò solamente i 70 lm/h.
Via che si parte ed è proprio in quel momento che mi arriva un messaggio che avvisa di dirigersi verso Moglia perché hanno più bisogno di aiuto.
Lungo la strada chiacchiere a gogò ed è bello essere i compagnia stavolta, il tempo scorre e la musica fa da sottofondo, e me ne infischio dello strombazzare di alcuni camionisti che vorrebbero andassi a 120 all’ora, sorpassate pure, no problem gente!
Ed eccolo in cartello che indica il paese ma i miei occhi hanno già registrato la desolazione di case crollate, cascine distrutte, tende ovunque e persone radunate in piccoli gruppi, seduti lungo le strade o in luoghi aperti come ad aspettare un'altra scossa ed un altro crollo.
Il campo sfollati lo si vede da lontano, decine e decine di tende blu e verdi della protezione civile, quelle grandi bianche della Regione e quelle rosse dei vigili del fuoco sembrano colorare quel campo che trasuda tristezza; una tenda porta lo stemma del comune, un'altra quella della caserma dei carabinieri, un'altra ancora è la sede della scuola e comincio a rendermi conto che il paese è tutto li, trasferito gioco forza fuori dal centro perché il centro stesso non è più agibile e non esiste più.
Chiedo informazioni sul dove scaricare e mi portano ai magazzini centrali dove viene ammassata tutta la roba che verrà distribuita il giorno seguente alle famiglie, ci mettiamo un ora in tre a scaricare tutto….. e mentre lavoriamo il Pezza ( signor Antonio al secolo), ci racconta il suo terremoto, l’aver perso casa ed officina, il non avere più nulla se non quello che ha addosso ma ritiene di essere fortunato perché ha ancora le mani ed una gran voglia di lavorare.
Non posso non ammirare il suo coraggio.
Torniamo al campo e ci invitano ad entrare nell’ufficio che si occupa dello smistamento materiali dove lasciamo le generalità e chiediamo cosa possiamo fare per il giorno dopo, vogliamo dare una mano a questa gente e ci accolgono a braccia aperte, vuoi per la specializzazione medica di Lory o per la mia disponibilità a fare qualunque cosa serva.
Nel frattempo è un susseguirsi di richiami, squilli di telefono, persone che corrono, pianti, e la stessa responsabile che ci confessa di essere al campo da 15 giorni dimenticandosi di famiglia, figli adulti.. e si sente in colpa ma troppo è il caos generato da questo evento naturale e troppo è il bisogno di mani che lavorano.
Torniamo al camper e decido di parcheggiare in un grande piazzale dove già si trovano altri mezzi, lontano da tetti che possono crollare e pali della luce… non si sa mai.
Due passi alla ricerca di un posto dove addentare un panino e, cosi facendo, ci avviciniamo a quello che una volta era il centro del paese…….
Sono senza parole, sembra di vedere uno di quei film di guerra, macerie ovunque, transenne dove si trovano pareti pericolanti, lo sfacelo della chiesa e lo sguardo perso della gente che vaga tra le strade scavalcando massi e cemento, cercando forse in quel disastro la propria identità, la via dove vivevano o semplicemente, un pezzo della loro vita.
Solo una luce accesa al centro della piazza, un bar aperto che sembra irreale in mezzo a tutto quel disastro e le persone sedute sotto la pianta che parlano sottovoce come se avessero paura di risvegliare quel demone che scuote la terra e distrugge la loro esistenza.
Gentili fino all’impossibile, credo capiscano che siamo li per dare una mano e come per incanto ci troviamo sedute a parlare con loro, un piatto con del pane rimediato e del formaggio, due birre senza bicchiere perché sarebbe un lusso trovarli e passiamo due ore a parlare con loro, con la signora che gestisce il bar ( o quello che ne resta) ma capisci la loro voglia di rivalsa, di ripartire e va bene anche un tavolo sotto la pianta in mezzo alla piazza, due sedie spaiate ed una panca di legno ma loro ci sono e vogliono essere li perché li è la loro vita.
Ho sempre creduto di essere una specie di roccia sulla quale passava tutto ma mi sono ritrovata con il magone dentro perché tutto questo non è paragonabile a quello che ho vissuto la settimana scorsa, non che a Pegognaga fosse migliore, non mi permetterei mai, ma forse perché vivendo solo all’interno del campo non ho “vissuto e sentito” quello che la gente del posto sentiva a sua volta, le case che ho visto erano lesionate ma molte di loro erano utilizzabili mentre qua non esiste più nulla o quasi.
Lentamente nella notte siamo tornate al camper ed entrambe avevamo ben poca voglia di parlare; poco dopo eravamo a letto, ognuna con i propri pensieri e con i propri demoni.
Ho faticato a dormire ed alle 4 del mattino ci ha pensato la terra tremante a svegliarmi, sbattendomi qua e la e quel rumore sordo che non dimentichi e sembra un urlo scaturito dalla profondità del terreno… paura, tanta.
E nonostante fossimo in un luogo dove nulla poteva crollarci addosso le urla della gente si sono fatte largo nella notte, gli allarmi delle macchine saltavano e laceravano l’aria rendendo tutto ancora più caotico e la paura è rimasta sospesa nell’aria rendendola densa e difficile da respirare.
Anche quando tutto è tornato alla normalita’ sembrava che la paura avesse creato una specie di limbo dove vagare, senza soluzione, senza fine ed il dormiveglia che ne è seguito mi ha portato alle sette del mattino, stanchissima e con ancora il lavoro vero da iniziare.
E si cerca di non pensare, fai colazione chiacchierando del più e del meno ma l’istinto ti fa guardare il piccolo pupazzo appeso per vedere se dondola oppure no, bevi un caffè di fretta e cerchi di non pensare al tremore delle tue mani, sei pronta per uscire ed ogni mezzo serve a non pensare alla scossa della notte precedente.
Ci presentiamo al campo e ci dirottano verso la zona “bambini” dove daremo una mano ai ragazzi dell’animazione.
Alcuni sono già presenti, altri arriveranno nel corso della mattinata, molti piccoli e tra di loro uno in particolare mi ha colpito, il piccolo Luca, due occhi sbarrati e tristi su di un viso dolce da matti, aggrappato, come se da questo dipendesse la sua vita, alle spalle del padre che cerca di convincerlo a staccarsi ed a scendere…
Sarà una lunga battaglia, tra pianti ed urla, ma alla fine resta con me, piangendo disperato e nascondendo il viso sulla mia spalla. Ogni suo singhiozzo mi ha colpito nell’anima perché ognuno era un grido di paura verso quella terra che tremava, verso quel qualcosa che non capiva e non poteva controllare, la stessa cosa che gli ha fatto crollare la casa e che gli aveva tolto le sue cose, i giochi e, principalmente, la sicurezza.
Poco alla volta sono riuscita a farlo disegnare ma la sua tristezza era immensa e mi ha coinvolta profondamente.
Anche quando, finalmente, mi ha regalato un sorriso, sentivo dentro di me la sua paura accentuata forse dalla simulazione di terremoto voluta dalla Protezione Civile a tutti i costi…. sebbene fossimo in mezzo ad un campo con nulla sulla testa.
Poco alla volta è arrivata l’ora di pranzo ed i piccoli sono tornati a casa mentre noi siamo state invitate a pranzo dai Vigili del Fuoco, ragazzi a cui andrebbe dedicato un monumento nazionale per la loro opera in zona terremotata.
Gli stessi vigili che nel pomeriggio dovranno abbattere la torre campanaria della chiesa, unica superstite nel centro del paese.
Tra qualche risata e due chiacchiere è passata un ora mentre in cielo si formavano enormi nuvole nere che nulla di buono presagivano e ben presto Giove Pluvio ha scaricato grandine ed acqua come se quella terra non fosse già abbastanza martoriata.
Il pomeriggio passa e decidiamo di partire verso Novi, vorrei salutare Alberto che li abita….o meglio abitava, ora è in una tenda come moltissimi altri visto che la sua casa ed il suo bar sono crollati l’una sull’altro.
Lo chiamo, mi da le indicazioni e partiamo.
Molte sono le strade interrotte e per fare sei chilometri ne faccio venti circa ma presto sono a Novi e lo chiamo, sarà lui a raggiungerci in macchina…..
E cosi ci si abbraccia, si parla un po’, ci si abbraccia di nuovo e le lacrime scorrono sul viso di entrambi ma non servono le parole, lui sa che gli sono vicina e che potrà contare su di me se dovesse aver bisogno.
Gli amici sono anche questo, non serve essere vicini fisicamente, il cuore lo è sempre.
Quando ripartiamo passiamo sulla strada piu facile per raggiungere l’autostrada, cosi facendo passo davanti ad uno dei tanti caseifici devastati e dalla strada si vedono le centinaia di forme di Parmigiano impilate tutte sghembe tra le pareti semi crollate, un pugno nello stomaco!!! Le comprerei tutte se potessi ma a prezzo pieno però…….
Il viaggio verso casa avrà ancora una piccola e veloce deviazione a Pegognaga, dove mi fermo per un attimo a salutare i ragazzi del campo sfollati dove sono stata la settimana scorsa e li trovo bene, poco alla volta il loro campo si sta svuotando ed è untene.
Una breve deviazione per le vie del paese per far vedere a Lorena com’è, un gelato in compagnia e si torna verso il camper e l’autostrada per tornare a casa senza deviazioni stavolta.
Chissà come mai il viaggio di rientro sarà piuttosto silenzioso per entrambe, ognuna persa nei propri pensieri o negli incubi.
A casa tutto torna alla normalità ma nella sera mi trovo a ripensare al visetto di Luca, alla sua paura e disperazione, agli occhi di quanti hanno perso tutto ma nonostante ciò lottano per la loro terra con ferrea determinazione e con un orgoglio che altro non fa che accrescere la mia stima per questa gente eccezionale.
Perché ne sono certa, si rialzeranno alla grande, urlando al mondo ed al resto d’Italia il loro orgoglio di Emiliani e Lombardi e sono orgogliosa di averli come amici e di aver fatto, seppur poco, qualcosa per dar loro una mano.
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