L'invito è arrivato prima di persona e poi via web, sui social, facebook in particolare.
Ho sempre visto le sue fotografie nei vari album pubblicati di viaggio in viaggio ma una proiezione con il racconto di chi ha vissuto questa emozionante avventura è un altra cosa.
iniziata con le foto del viaggio in India, lo spettacolo dei colori sgargianti mentre in sottofondo il racconto indicava i luoghi e le sensazioni, le esperienze vissute e le emozioni assimilate, mi sono trovata immersa in un mondo poco conosciuto.
Certo, le foto dei monumenti le ho gia viste, le reggie principesche dei Maraja a filo dell'acqua, le scultoree costruzioni affioranti dei fiumi fanno pensare ad un mondo che non esiste più, alle vecchie colonie britanniche che, seppur scomparse da anni, restano nelle memorie di quanti, come me, hanno sufficienti anni sulle spalle per averne letto e studiato.
E scorre il racconto di parole a spiegare i luoghi, le conoscenze, i templi.....
E si passa al Nepal.
Sogno di un viaggio mai fatto che guardo con ancor più interesse.
E sorridere vedendo che la fotografia ha colto tutto ciò che di turistico non c'è, cioè l'essenza stessa del viaggio, il sorriso dei bambini, gli occhi tristi di altri, i colori smorzati dalla polvere sulla pelle di quanti camminano per strada.
Pochi i templi ed i palazzi, alcune rovine eredità purtroppo del tremendo terremoto dello scorso anno che ha lasciato delle ferite sulle costruzioni delle città ma che ha reso il popolo dei Nepalesi ancor più forte.
Mi ha colpito lo sguardo rassegnato dei bambini nell'orfanotrofio visitato da Marco durante il viaggio e qua si vede la sensibilità dell'uomo dietro la macchina fotografica, cioè il saper cogliere tutto ciò che si cela dietro la facciata del turismo, ovvero la vita reale, cruda e triste ma al contempo calda e giocosa di alcuni scolaretti a cui regalare delle penne per la scuola. Un regalo che sarebbe snobbato nel nostro mondo occidentale mentre per loro diventa un possedere qualcosa di prezioso, un valore grande accanto alle matite che in pochi hanno.
Lo sguardo sgomento poi, sull'ospedale, uno scarno angolo in una struttura scadente, un tavolaccio di legno come sala operatoria, medicinali scaduti che sono l'unica risorsa possibile per tentare di curare malattie e malanni che da noi farebbero sorridere ma che in alcuni paesi significano ancora poter morire per una semplice infezione.
Credo che in questa serata si sia visto un viaggiatore e non un turista, un uomo che ha capito come e cosa cogliere di angoli di mondo lontani da noi, sia per la distanza fisica che per la cultura.
Teniamolo d'occhio questo fotografo perché di strada ne farà, ne sono certa, davvero molta.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento