Dicono che scrivere sia un modo di buttar fuori rabbia o
problemi, magari anche solo pensieri che frullano in testa.
Lavorare su sé stessi per riuscire a star bene. Non so se
funziona davvero, ho sempre scritto di me, delle mie pedalate, delle mie gare,
ma era la percezione del momento, la voglia di mettere su carta in parole le
emozioni provate, le sensazioni sentite e la voglia di andare ancora,
riprovarci, esserci.
Per anni mi sono alzata alle 5 del mattino, caricato bici e
sacca sulla macchina e partita, macinando chilometri per arrivare in questo o
quel paesino, attaccare il numero sulla bici, mettermi in fondo al gruppo
perche andavo piano e non volevo disturbare chi voleva vincere. Aspettare col
cuore in gola il via, lasciar defilare tutti e poi dare il primo colpo di
pedale… e iniziare a sorridere!
Quante gare fatte cosi solo per la voglia di esserci, quante
risate, botte da lenire col Lasonil, panini con la mortadella buttati giu al
traguardo come ristoro assieme al the caldo, o un piatto di pasta magari
stracotta ma che in quel momento era la cosa più buona del mondo.
Gli amici, il fango, la pioggia, la neve, tutto un fascio di
emozioni e ricordi di cui, ora, ho una grandissima nostalgia.
Nostalgia del compagno di squadra Dado che arrivava col
furgone tenuto assieme dal filo di ferro ( lo è ancora oggi in verità), delle
partenze a notte fonda direzione Emilia Romagna per le gare del River marathon
Cup, delle risate e delle bestemmie, dei pacchi gara con i pezzi di parmigiano
ed i ristori con i tortellini; dell’arrivare ultimi per avere il pacco
consolatorio a volte più bello del premio per il primo classificato, stinco
salami e pancette, con cui si mangiava una settimana. Ed i bicchieri di
Lambrusco nel dopo gara, tornando poi verso casa allegri e canterini.
Nostalgia delle chiacchiere in linea di partenza, del
sentirmi sempre fuori posto ma in fondo fregarmene di tutto, delle battute di
chi non capiva il motivo della mia presenza in griglia, definendomi “vecchia”,
non capendo che la passione, quella vera, non ha età o limiti alcuni,
dimostrando, fino alla fine, che arrivavo sempre e col sorriso sulle labbra.
Nessun rimpianto, ho fatto tutto cio che avevo programmato, le
gare in Italia, le internazionali in Germania e Slovenia, la mitica Roc in
Francia, portando a casa ricordi fisici e mentali. Rifarei ogni singola cosa,
assolutamente.
Anni piedi di energia, di programmi, di allenamenti sommari
dato gli orari stani di lavoro, il chiedere cambi turno ai colleghi per poter
essere a quella o quell’altra gara, arrivando al lavoro di corsa e trafelata il
pomeriggio magari ancora sporca di fango ed affrontare la giornata lavorativa
felice come mai. O voler partecipare ad un torneo notturno composto da 6 gare,
avere i pantaloncini da ciclista sotto la divisa e partire sparata alle 18 dal
lavoro per una gara che partiva alle 20, sperando nel poco traffico e che il
compagno di squadra o amico si ricordasse di iscriverti mentre tu correvi per
raggiungerlo.
Sensazioni che non dimenticherò mai.
Poi gli anni sono passati, gli acciacchi si sono fatti
sentire, la vita mi ha presentato un conto piuttosto salato in termini di
salute ed è iniziata un’altra gara, fatta di medici e cure, di pianti e rabbia,
di dolore e farmaci.
Inizia cosi una seconda “vita” sportiva, fatta di camminate
non competitive, anche due tre a settimana, in giro per la provincia, cercando
di tener attivo un corpo che non vuole saperne di rimettersi in moto. Passare all’agonismo
partecipando a gare su strada di 6 o 12 ore, pensando che, magari un giorno, riuscirò
a fare una maratona o una Spartan; riprendere a nuotare e buttarmi nelle
traversate dei laghi, cosa che ho scoperto a quasi 60 anni, mi rilassa
tantissimo.
Poi è arrivato questo maledetto Covid!
Fatto in forma leggera, mi ha lasciato una spossatezza
allucinante addosso, sempre stanca ed assonnata. Dormirei 18 ore al giorno.
E non si può nuotare, non si può camminare, palestre chiuse,
in bici no perché sconfini dal paese di residenza, ti fermano per tutto, la
spesa si puo fare fuori paese… a no non si può… a volte libera interpretazione
di chi in quel momento è in servizio.
Girare attorno a casa tipo criceto per non essere mai più
lontana di 200 metri, un giro 380 metri, 10 giri 3,800 km, nervosismo a palla,
sentirsi prigionieri a casa propria, zona rossa, poi arancione, poi gialla, ora
forse di nuovo rossa….
Basta!
Negozi e ristoranti che non apriranno mai più, artigiani e
piccole imprese al fallimento e “ristori” governativi di 600€… come se fossero
sufficienti per mutui, affitti, tasse da pagare, dipendenti da pagare.
Ed il mondo cambia, non puoi viaggiare, stati che chiudono i
confini, quarantene obbligatorie, vaccini che saremo obbligati a fare ma di cui non si conosce l’efficacia,
negazionisti, rivoluzionari, menefreghisti….
Sono stufa. Stufa di vedere il lavoro di anni andare a remengo,
stufa di non poter fare ciò che voglio per un supposto “bene comune” di cui non
frega un cavolo a nessuno, stanca di leggere “andrà tutto bene” quando, invece,
andrà tutto a puttane, anzi no, non si andrà neppure a quelle visto che c è il
coprifuoco serale. Una guerra subdola perché il nemico non o vedi, e per di più
non si capisce chi lo ha iniziato questo cavolo di conflitto, chi è
responsabile di tutto questo, delle migliaia di morti lasciati da soli fino all’ultimo
respiro. Ma ciò che più mi lascia perplessa è che sono sparite tutte le altre
malattie, nessuno più ha un influenza, un raffreddore, anzi no, se fai uno
starnuto ti blindano e devi fare tamponi, stare a casa, quarantena fiduciaria. Devi fare una visita
oncologica di controllo? Sei mesi1 intanto muori. Visite programmate da tempo
annullate o rinviate. Fare un esame diagnostico? Tra un anno…. E cosi avanti.
Quando finira? Quando potrò tornare a sorridere per una
pedalata tra i campi? Quando potrò di nuovo alzarmi alle 6 del mattino perché
gli alpini di non so dove hanno organizzato una camminata tra i boschi, con
alla fine il ristoro con pane e salame e
vin brulè?
Quando potrò tornare ad essere la persona solare di sempre e
non l’ombrosa Kathy di ora?
Spero presto.
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