La nuova squadra

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Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


mercoledì 16 dicembre 2020

pensieri

 

Dicono che scrivere sia un modo di buttar fuori rabbia o problemi, magari anche solo pensieri che frullano in testa.

Lavorare su sé stessi per riuscire a star bene. Non so se funziona davvero, ho sempre scritto di me, delle mie pedalate, delle mie gare, ma era la percezione del momento, la voglia di mettere su carta in parole le emozioni provate, le sensazioni sentite e la voglia di andare ancora, riprovarci, esserci.

Per anni mi sono alzata alle 5 del mattino, caricato bici e sacca sulla macchina e partita, macinando chilometri per arrivare in questo o quel paesino, attaccare il numero sulla bici, mettermi in fondo al gruppo perche andavo piano e non volevo disturbare chi voleva vincere. Aspettare col cuore in gola il via, lasciar defilare tutti e poi dare il primo colpo di pedale… e iniziare a sorridere!

Quante gare fatte cosi solo per la voglia di esserci, quante risate, botte da lenire col Lasonil, panini con la mortadella buttati giu al traguardo come ristoro assieme al the caldo, o un piatto di pasta magari stracotta ma che in quel momento era la cosa più buona del mondo.

Gli amici, il fango, la pioggia, la neve, tutto un fascio di emozioni e ricordi di cui, ora, ho una grandissima nostalgia.

Nostalgia del compagno di squadra Dado che arrivava col furgone tenuto assieme dal filo di ferro ( lo è ancora oggi in verità), delle partenze a notte fonda direzione Emilia Romagna per le gare del River marathon Cup, delle risate e delle bestemmie, dei pacchi gara con i pezzi di parmigiano ed i ristori con i tortellini; dell’arrivare ultimi per avere il pacco consolatorio a volte più bello del premio per il primo classificato, stinco salami e pancette, con cui si mangiava una settimana. Ed i bicchieri di Lambrusco nel dopo gara, tornando poi verso casa allegri e canterini.

Nostalgia delle chiacchiere in linea di partenza, del sentirmi sempre fuori posto ma in fondo fregarmene di tutto, delle battute di chi non capiva il motivo della mia presenza in griglia, definendomi “vecchia”, non capendo che la passione, quella vera, non ha età o limiti alcuni, dimostrando, fino alla fine, che arrivavo sempre e col sorriso sulle labbra.

Nessun rimpianto, ho fatto tutto cio che avevo programmato, le gare in Italia, le internazionali in Germania e Slovenia, la mitica Roc in Francia, portando a casa ricordi fisici e mentali. Rifarei ogni singola cosa, assolutamente.

Anni piedi di energia, di programmi, di allenamenti sommari dato gli orari stani di lavoro, il chiedere cambi turno ai colleghi per poter essere a quella o quell’altra gara, arrivando al lavoro di corsa e trafelata il pomeriggio magari ancora sporca di fango ed affrontare la giornata lavorativa felice come mai. O voler partecipare ad un torneo notturno composto da 6 gare, avere i pantaloncini da ciclista sotto la divisa e partire sparata alle 18 dal lavoro per una gara che partiva alle 20, sperando nel poco traffico e che il compagno di squadra o amico si ricordasse di iscriverti mentre tu correvi per raggiungerlo.

Sensazioni che non dimenticherò mai.

Poi gli anni sono passati, gli acciacchi si sono fatti sentire, la vita mi ha presentato un conto piuttosto salato in termini di salute ed è iniziata un’altra gara, fatta di medici e cure, di pianti e rabbia, di dolore e farmaci.

Inizia cosi una seconda “vita” sportiva, fatta di camminate non competitive, anche due tre a settimana, in giro per la provincia, cercando di tener attivo un corpo che non vuole saperne di rimettersi in moto. Passare all’agonismo partecipando a gare su strada di 6 o 12 ore, pensando che, magari un giorno, riuscirò a fare una maratona o una Spartan; riprendere a nuotare e buttarmi nelle traversate dei laghi, cosa che ho scoperto a quasi 60 anni, mi rilassa tantissimo.

Poi è arrivato questo maledetto Covid!

Fatto in forma leggera, mi ha lasciato una spossatezza allucinante addosso, sempre stanca ed assonnata. Dormirei 18 ore al giorno.

E non si può nuotare, non si può camminare, palestre chiuse, in bici no perché sconfini dal paese di residenza, ti fermano per tutto, la spesa si puo fare fuori paese… a no non si può… a volte libera interpretazione di chi in quel momento è in servizio.

Girare attorno a casa tipo criceto per non essere mai più lontana di 200 metri, un giro 380 metri, 10 giri 3,800 km, nervosismo a palla, sentirsi prigionieri a casa propria, zona rossa, poi arancione, poi gialla, ora forse di nuovo rossa….

Basta!

Negozi e ristoranti che non apriranno mai più, artigiani e piccole imprese al fallimento e “ristori” governativi di 600€… come se fossero sufficienti per mutui, affitti, tasse da pagare, dipendenti da pagare.

Ed il mondo cambia, non puoi viaggiare, stati che chiudono i confini, quarantene obbligatorie, vaccini che saremo obbligati a fare  ma di cui non si conosce l’efficacia, negazionisti, rivoluzionari, menefreghisti….

Sono stufa. Stufa di vedere il lavoro di anni andare a remengo, stufa di non poter fare ciò che voglio per un supposto “bene comune” di cui non frega un cavolo a nessuno, stanca di leggere “andrà tutto bene” quando, invece, andrà tutto a puttane, anzi no, non si andrà neppure a quelle visto che c è il coprifuoco serale. Una guerra subdola perché il nemico non o vedi, e per di più non si capisce chi lo ha iniziato questo cavolo di conflitto, chi è responsabile di tutto questo, delle migliaia di morti lasciati da soli fino all’ultimo respiro. Ma ciò che più mi lascia perplessa è che sono sparite tutte le altre malattie, nessuno più ha un influenza, un raffreddore, anzi no, se fai uno starnuto ti blindano e devi fare tamponi, stare a  casa, quarantena fiduciaria. Devi fare una visita oncologica di controllo? Sei mesi1 intanto muori. Visite programmate da tempo annullate o rinviate. Fare un esame diagnostico? Tra un anno…. E cosi avanti.

Quando finira? Quando potrò tornare a sorridere per una pedalata tra i campi? Quando potrò di nuovo alzarmi alle 6 del mattino perché gli alpini di non so dove hanno organizzato una camminata tra i boschi, con alla fine il ristoro con pane  e salame e vin brulè?

Quando potrò tornare ad essere la persona solare di sempre e non l’ombrosa Kathy di ora?

Spero presto.

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