La nuova squadra

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Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


martedì 2 agosto 2011

Val di Scalve e cascate del Vò

Che giro in giro oggi.

E dire che avrei dovuto essere a Bormio per la Granfondo della Valtellina ma, come spesso mi succede per colpa del lavoro, ho dovuto rinunciare.
Devo dire che la fortuna mi ha ampiamente consolato considerando che, nel ritirare il pacco gara, Giusy ha preso anche la busta sorpresa con una vacanza a Bormio per due persone!
E mi hanno chiamato almeno 10 persone per ribadire il concetto sul mio fondoschiena, lo sapevo anche prima di avere un gran culo……intendo grosso mica bello e va beh daiiiiiiiiiiiiiiii insomma!
Una volta che gira giusta fatemi sbollire la rabbia di non essere li a fare la gara con voi, mi consolo con una vacanzetta sui monti come Heidy.
Comunque sta di fatto che il giorno di ferie chiesto sei mesi fa mi è rimasto sul turno e dopo la serata di sabato a lavorare, decido che la domenica a casa sul divano non la passo di sicuro, due sms a Dado e via che alle otto del mattino è a casa mia a prendermi col furgone e si parte con destinazione Valle di Scalve e Via Mala.
Prima tappa dopo 6 minuti di viaggio in paese da Gabriele per un caffè ed un saluto alla truppa su ruote che li si ritrova per l’uscita in compagnia domenicale mentre in 5 sono a correre in valle mentre il settore strada si ritrova in piazza Garibaldi alle 9.
La strada lungo il lago è abbastanza tranquilla a quest’ora ed un poco più di 40 minuti ci troviamo a risalire la valle verso Angolo terme, poco dopo Boario.
Lasciamo il furgone all’ingresso della prima galleria, ci si veste e prepara, si riempiono le borracce ed eccoci pronti per l’avventura di oggi: risalire tutta la Via Mala fino a Schilpario, seguire la strada fino al Passo del Vivione, scendere lungo le piste di sci nordico della località Fondi in zona miniere, sconfinare alle cascate del Vo e tornare sani e salvi a valle senza danni.
La conosco bene questa strada, l’ho fatta tante volte ed ha un fascino tutto particolare; la valle cosi stretta che sembra una fenditura ricavata da un taglio netto nella roccia, l’acqua che scorre in fondo, gelida e spumosa che erode le rocce li accanto, il color bronzo stemperato sulle rocce che rendono, quando il sole picchia i suoi raggi sulle pareti, uno scintillio particolare ed incantato che riflette la luce come se ci fossero mille specchietti inglobati nella roccia stessa….
È veramente bello.
So che la vecchia sede stradale, quella scavata dai Romani al tempo dello sfruttamento delle miniere, esiste ancora al di fuori delle gallerie e visto che, per bene illuminate che siano non sono il massimo per i ciclisti, decidiamo di avventurarci a lato delle stesse, sperando non sia troppo accidentato e rovinato.
Scavalchiamo il guard rail e seguo un sentiero e mi trovo davanti ad uno spettacolo a dir poco spettacolare.
Qua comanda madre natura, con la sua forza a scavato profondamente questa valle con la pressione dell’acqua ed è proprio un mondo d’acqua quello in cui ci avventuriamo.
Cade dagli speroni di roccia sopra la nostra testa cadendo sul vecchio selciato e, da li, nella valle sottostante; non ho idea di quanto sia l’altezza che mi separa dal fondo valle ma è un salto da brivido ed un po’ soffro di vertigini per cui non mi avvicino più di tanto al vecchio parapetto rovinato dal tempo ed in alcuni punti crollato trascinato dalla potenza dell’acqua.
Piante ed erba sono cresciute lungo le rocce rendendo il piano percorribile molto limitato ed esposto ma è di una bellezza incommensurabile e ti vien normale chiederti con che potenza sia scesa l’acqua della diga del Gleno verso valle quando crollò nel 1923 vista la larghezza molto limitata del letto del fiume sottostante.
Le alte pareti del canyon avranno di certo fatto da “compressore” spingendo la forza catastrofica dell’acqua a velocità pazzesche.
Proseguiamo lungo il costone sporgente, in alcuni pezzi è largo quasi quanto una strada ad una corsia, in altri si riduce alla larghezza di un metro ed in sella hai una prospettiva diversa ed ho sempre la paura di cadere di sotto; farò parecchi pezzi a piedi, nell’acqua e nel fango scivoloso ma mi sento più sicura.
Incontriamo un escursionista a piedi che ci guarda sorridendo…chissà cosa avrà pensato nel vederci li ma è gentile a spiegare che poco più avanti dovremo scavalcare del lastroni di roccia e fare molta attenzione.
Ed eccoli i lastroni, scivolosi e taglienti, le bike in spalla ed avanti a piedi.
Poco dopo sbucheremo in un apertura che da direttamente sull’ultima delle tre gallerie che avremmo dovuto fare in sella; molto il traffico presente, da qua si passa per Colere ed il Passo della Presolana ed oltre alle macchine vi sono decine di ciclisti che, vedendoci sbucare praticamente dalla roccia ci chiedono “ma dove cavolo eravate”?
Nel mondo di Narnia a fare una specie di Jungle trail.
Da li in poi inizia la lunga salita che porta a Schilpario.
Dado va più veloce di me e gli dico di andare pure, io ho il mio paso e non ho intenzione di forzare, sono quasi 18 km di salita fino a dove voglia mo arrivare noi, se sforzo troppo non arrivo più per cui, piano piano mi arrampico lungo la valle, fermandomi di quanto in quanto per una fotografia. Che bello però, mi fa compagnia il rumore del torrente Povo li accanto, delle mucche al pascolo con i campanacci al collo ed il colore verde delle montagne li attorno.
Gli ultimo 4 km sono i più duri, la pendenza aumenta e fa caldo ma eccolo finalmente il cartello Schilpario ed ecco Dado seduto sul muretto all’ingresso del paese che mi aspetta.
Mi prende in giro perché mi ha “dato” 12 minuti….ma poi scopro che ha chiesto a tutti i ciclisti che salivanose avevano visto una bionda riccia con la maglia come la sua… fa il duro lui!!! Ma si preoccupa per un amica…
Arriviamo in piazza alla ricerca dell’ufficio turistico, comperale cartine con i percorsi da mtb e ci sediamo al sole per un aperitivo.
Ci sono in giro un sacco di persone e, poco dopo, escono dalla chiesa un gruppo di Alpini con tanto di fanfara e si mettono a suonare, tapum tapum tapum…
Li seguiamo fino al mulino antico in sella saltellando a ritmo di musica.

Dal mulino in poi seguiremo la strada per il passo del Vivione ma ci fermeremo prima, alla trattoria Capriolo per il pranzo.
C’è pieno di gente, tutti motociclisti ma un tavolo per due c’è e ci sediamo a leggere il menù!
Crepes alla Val di Scalve e brasato di cervo con polenta, vinello rosso della casa, caffè e limoncello…il dolce no perché ci sentivamo in colpa.
Alla faccia degli atleti!
Praticamente alle 14 eravamo ancora li a pancia all’aria a prendere il sole, le bike abbandonate li accanto appoggiate al muro di cinta del ristorante ed a guardare le moto che passavano e salivano verso il passo.
Ma ci decidiamo a partire o no?
Penso che il primo km verso la località Fondi e l’ingresso delle miniere sia stato il più faticoso che abbia mai fatto…il cervo mi girava nello stomaco e scalciava da matti! Buono lui ma decisamente non un pranzo adatto a dei ciclisti ed anche Dado era nella stessa condizione.
Poco alla volta arrivo all’ultimo tornante e vedo che le finestre delle baite sono tutte aperte, decido di controllare se vi è una persona e mi fermo; una di queste baite è quella di Roberto, un mio collega e so che sua madre ci passa ogni anno un mese…ed infatti eccola la signora Ancilla, seduta a giocare a carte con un amica.
Mi fermo un attimo a salutare, due chiacchiere e quando mi chiede se può offrirci un caffè Dado replica con un”sarebbe meglio una bombola di ossigeno”!!
Saluti e baci e si riparte, verso valle stavolta, seguendo la pista di fondo che costeggia il torrente.
Uno spettacolo di sentiero nel bosco, su e giù tra le piante, il torrentello da passare su dei ponti o da guadare in alcuni punti, bello e scorrevole ed in poco tempo ci ritroviamo al palazzo del ghiaccio di Schilpario.
Quanta strada abbiamo fatto.
Ma vogliamo fare ancora una deviazione verso le cascate del Vo, la strada che ci porta fin lassù è all’ingresso del paese dopo essere scesi lungo i tornanti ed il ponte.
Si inizia nuovamente a salire su di una strada sterrata che presto diventa dura da percorrere a causa delle grosse pietre smosse che non ci rendono di certo la vita facile in salita.
Sorrido nel sentire i commenti delle persone presenti lungo il percorso, li sento dire: “ certo che sono tedeschi, che coraggio arrivare fino a lassù in bicicletta”!.
Chissà come mai se ci sono due in bici con lo zaino a spalle e che fanno percorsi alternativi devono essere per forza tedeschi!
Dado è un Iseano purosangue, io importata dalla Svizzera d’accordo ma vivo qua da talmente tanto tempo che sono più italiana che elvetica ormai, parlom bresà anche se’n và en bici!
Che belle le cascate.
Dado ne guada un pezzo in sella, io preferisco il ponte ma come sempre vorrei una foto ma Dado, chissà come fa, tutte le volte mi fa un filmato strano e di foto neppure l’ombra.
Va beh ne farò a meno anche stavolta.
Inizia a piovere nel giro di due minuti, il repentino cambio di tempo tipico della montagna; via verso la valle con attenzione, la strada è sdrucciolevole ma comunque i 35 all’ora si fanno…..anche se Dado mi ha dato un vantaggio di qualche minuto perché credeva che andassi pianissimo!
In alcuni tratti di discesa, nella parte più stretta della Via Mala dove le rocce sono vicinissime e l’acqua cade direttamente sul piano stradale dalla montagna sovrastante, si levavano strani banchi di nebbia…certo il calore del sole durante il giorno scalda sia l’asfalto che la roccia ed ora, con la pioggia, si raffreddano emanando vapore.
Ma lo stesso vapore si leva anche dall acqua che scorre tra le rocce e che gira per qualche secondo nelle marmitte dei giganti creando dei gorghi, ed è cosi strano passare attraverso banchi di nebbia a fine luglio.
Ecco la galleria e rifacciamo al ritorno ilo stesso percorso dell’andata perché troppo suggestivo e decisamente più bello ed affascinante della nuda roccia delle gallerie… ed altre al rumore dell’acqua non ci sono macchine a farti il pelo oltre che ad assordarti le orecchie.
Stessa sensazione di prima, pericoloso ma ipnotizzante, alcune foto e poi via, di nuovo lungo l’ultimo pezzo di strada ed il parcheggio dove avevamo lasciato il furgone.
Sembra passato poco tempo invece è stata una giornata intera.
60 chilometri nelle gambe, un po’ di pioggia a rinfrescarci ed un poco di stanchezza in più oltre che alle gambe sporche di fango ma tutto questo se ne va con una doccia calda ed un po’ di riposo; il resto, le sensazioni ed i colori, mi resteranno dentro per un bel po’ come ogni volta e potrò fare a meno di guardare le fotografie perché le immagini restano stampate nella memoria.
La prossima volta voglio arrivare fino alla vecchia diga del Gleno, un amico mi ha detto che ci si può arrivare mentre all’ufficio turistico dicono di no…ma siccome l’amico è un biker come me penso proprio che farò una foto alla mia Valchiria lassù prima o poi.

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