La nuova squadra

La nuova squadra

Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


domenica 1 marzo 2009

Un Aironbike… senza aironi.

Alcune giornate nascono strane, sono imprevedibili e per quanto fai, non riesci ad ottenere quello per cui hai lavorato, con rammarico ed anche un poco di rabbia.
La mia Aironbike è iniziata nel pomeriggio di ieri, sabato, in una sgambata per campi in bike per quello che doveva essere un richiamo muscolare prima della giornata di oggi, la prima granfondo di stagione, ma qualche cosa è andato storto e mi sono ritrovata in un fosso a gambe all’aria e la mia amata Valchiria con il deragliatore a penzoloni ed il forcellino spezzato.
Era come se la sua “ferita” fosse la mia ed un singhiozzo mi è salito in gola: adesso che faccio? E la gara di domani?
Ero ancora mezza impantanata nel fango che già chiamavo il meccanico col telefonino ma era prevedibile il fatto che di sabato pomeriggio tardi fosse impossibile cambiare il pezzo rotto; orgoglio ferito e morale sotto i tacchetti delle scarpe da mtb!
Gli ho portato la bici speranzosa in quel miracolo che già sapevo impossibile e poi, mestamente a casa a leccarmi le ferite, più morali che fisiche dopotutto ma qualche volta sono quelle che non si vedono a far più male.
Erano due mesi che preparavo questa gara ed anche senza velleità di vittoria o piazzamento ero sicura di poter far bene, a modo mio e piano piano ma sarei arrivata al traguardo con il braccio alzato come sono solita fare, una conquista guadagnata pedalando con passione.
Ed allora sono scesa in garage a spolverare Pendragon, il mio “vecchio” cavallo da corsa, quello che lo scorso anno avevo passato a mia figlia, facendolo adattare a lei, alla sua statura e di conseguenza, troppo piccolo per me; ho alzato la sella di quel poco possibile ed ho deciso di non rinunciare a priori a tornare a Guastalla per questa gara che lo scorso anno mia aveva regalato tante emozioni e soddisfazioni….. ma… esiste un ma.
Partiti presto come sempre, un caffe in autostrada e dopo due ore di macchina eccoci al Lido Po, sulle rive del fiume padre per eccellenza della Pianura Padana.
Pacco gara e numero 212 da attaccare alla bike, un saluto agli amici del team Sculazzo e di molti altri conosciuti qua e la e via a provare un po di percorso, leggermente diverso dallo scorso anno, l’esondazione del fiume non ha permesso i passaggi in golena ma solo lungo gli argini, sarà veloce come gara, 44 km da fare a tutta.
Già dalle prime pedalate sento che sono troppo bassa, pensavo di aver risolto ma ora mi rendo conto che la bici non va bene per me, le ginocchia iniziano subito a far male e per quanto faccia non sarà una bella gara.
In griglia le solite battute, gli auguri ed in bocca al lupo scambiati con chi conosci, la pacca a Dado che si sente un leone oggi e via che si parte: i primi km vanno via veloci ma poi, poco alla volta le gambe non girano più e vado avanti troppo lentamente e quei 23 chilometri del primo giro mi sembrano eterni, non riesco neppure a star dietro ad un bambino seguito dal suo papà….
Quando vedo il cartello dell’ultimo km è quasi un sollievo e decido di fermarmi, nessun secondo giro per me, mi fermo e basta ed aspetterò Dado al traguardo.
Ho il tempo di fare la doccia e di riporre tutto sul furgone e lui arriva tutto contento del suo tempo ed io sono contenta per lui.
Tortellino party, le premiazioni dove applaudo i ragazzi premiati che conosco, Fabione, Paola e Giulia, Elena e Laura e, dopo un caffè, ripartiamo verso casa.
Ascoltiamo Elvis e canticchiamo mentre lasciamo Guastalla con destinazione Iseo e mi rendo conto che il grigiore della giornata mi ha contagiata, che la pioggia che ha iniziato a cadere appena prima di mezzogiorno ha reso ancora più triste il mio “non risultato”, un giro solo non conta ai fini della classifica di gara.
Forse mi dispiace solo il fatto di aver gettato al vento tutto il River Marathon Cup, ci tenevo a finirlo…pazienza.
Domenica prossima sarò a Pomponesco per la Granfondo dei Tre Comuni con la mia cavallina guarita, pronta a correre e con una gran voglia di rivalsa.
E spero di rivedere gli aironi stavolta, gli stessi che lo scorso anno mi avevano fatto sorridere.
Kathy Pitton

1 commento:

Monte Cantiere Outdoor ha detto...

Sei lo stesso un mito... grande!