
Si torna sempre volentieri a fare qualche cosa che si ricorda piacevolmente e la Ciaspoluna di Bovegno è una di questa.
Trovato il volantino ondine un mese fa, iscrizione fatta e spedita subito, eccomi alle due del pomeriggio a mettere scarponcini e ciaspole in macchina e partire per la Valle Trompia.
Una nebbia fittissima oggi ha velato tutto e speravo si levasse un po’ ne pomeriggio, ma niente da fare, li stesa come un lenzuolo bianco a rendere tutto ovattato e silenzioso, pericolosa ed infida nonostante la sua eterea bellezza.
La salita per Polaveno la faccio a 30 all’ora e, di quando in quando, sbuca un ciclista che si intravede appena sui tornanti; ma ecco che, di punto in bianco, al bivio dei pollai della Gimondi si apre e sparisce lasciando un cielo blu, terso e splendente in questo freddo pomeriggio soleggiato d’inverno.
Sembra di essere passati da un mondo all’altro cosi, di botto, un passaggio repentino come se vi fosse una saracinesca che si apre lasciandoti guardare quello che c’è dalla parte opposta.
Salgo con calma tanto non ho fretta, la mia abitudine di arrivare sempre presto mi da modo di guardare il panorama e di ascoltare un po’ di buona musica.
Da ragazza giravo spesso da queste parti, avevo compagni di scuola di Gardone, Inzino, Marcheno, Bovegno, alcuni li vedo ancora quando capitano sul lago, altri li ho persi di vista da anni, chissà che fine hanno fatto.
Arrivo a Bovegno e seguo le indicazioni; ritiro il numero ed il gadget che mi spetta, ho il tempo per un caffè e si torna in macchina per salire ai Prati Magri, una località a 6 km circa dal paese.
Una lunghissima salita sconnessa nel bosco che diventa sterrata dopo tre chilometri e si deve lasciare la macchina li, lungo la strada e proseguire a piedi se non si ha un 4 x 4.
Mi dicono che non c’è neve e decido di lasciare le ciaspole in macchina ma dimentico i bastoncini ed anche la luce frontale, chissà dove ho lasciato la testa oggi pomeriggio.
Tre chilometri non sono molti seppur in salita ma se ti trovi una spanna di fango che ti fa scivolare dappertutto è una faticaccia… e meno male che ho gli scarponi altrimenti sai che macello con le scarpe da ginnastica.
Arrivo in cima sudata fradicia e mi spoglio di giacca e pile al rifugio dove c’è un caldo pazzesco! Oppure sono io ad avere caldo, non so bene sta di fatto che siamo tutti belli rossi come pomodori ed invece del the caldo mi bevo una fresca coca cola.
Comincia ad arrivare un sacco di gente, siamo in 800 iscritti, e ben presto il piazzale si riempie di persone, ragazzi chiassosi, bambini mano nella mano con i loro genitori, cani con tanto di luce frontale e scarpette, un bel caos insomma.
Le solite facce note, ciclisti come me che durante la stagione invernale si inventano gli sport alternativi per rimanere “in gamba”, quattro chiacchiere mentre si aspettano le 18 per partire e fare questa ciaspolata senza ciaspole.
Partenza alla francese, dalle 18 alle 19.30, danno due ore per il percorso corto e tre per quello lungo, medio difficile il terreno di gara per via delle lastre di ghiaccio, non c’è illuminazione se non qualche torcia qua e la….
Ed io sono senza bastoncini e senza torcia!
Non farò mai in tempo a tornare giù alla macchina e risalire e penso seriamente di mollare tutto e tornare a casa.
Tra le tante persone presenti una ragazza mi saluta, la conosco di vista e lavora presso l’Esselunga poco lontano da casa mia.
Ha il suo cagnolino al seguito, Gigi, con cappottino, scarpette e luce dorsale che lampeggia, la gente si è divertita non poco fargli le foto.
Gentilissima mi offre le racchette del suo compagno che ha deciso di non partire.
Pronti via.
Faremo un pezzo di strada assieme ma poi ci si perderà di vista lungo il percorso ed un po’ mi è dispiaciuto ma come sono partita, nonostante avessi poco prima palesato il pensiero di ritirarmi, le mie gambe hanno iniziato a correre e salire, scivolando spesso sulle grosse lastre di ghiaccio.
Non so bene quanti ruscelli abbiamo passato fatto stà che di acqua ne ho vista tanta scendere a valle; anche mentre salivo lungo la strada nel pomeriggio guardavo il Mella strapieno ed i vari ruscelli e canali riversare acqua in quantità incredibili; non ci sarà secca quest’anno e dire che il disgelo deve ancora iniziare.
La vista da lassù era spettacolare.
La luna splendeva alta nel cielo stellato e spesso ho alzato gli occhi sul piccolo carro che sembrava indicarmi la strada come a dire: vai Kate, corri, questa è la via.
Ma mi prende di nuovo la malinconia come se la mia stella non brillasse più lassù; avevo amici che mi seguivano in queste scorribande una volta, non tanto tempo fa ma ora sono sempre sola a correre sulle montagne di casa o sui sentieri sterrati e mi mancano tantissimo ma hanno tutti di meglio da fare.
Forse è ora che smetta anche io.
Arrivo al ristoro, rischiarato da enormi falò accesi nella notte dagli alpini, il vin brulè scalda anima e corpo e via che riparto, non ho fame e mi butto lungo la scoscesa discesa verso la valle.
Non avendo le luci frontali faccio molta fatica a vedere dove metto i piedi, mi guida l’istinto ma qualche ruzzolone lo faccio ugualmente.
Ultima discesa talmente in pendenza che devo puntellarmi con i bastoncini; alcuni ragazzi arrivano di corsa e ruzzolano lungo il pendio dell’arrivo, sembra una pista da discesa libera.
Il passaggio sotto l’arco rosso dell’arrivo, mi ritirano il numero perché all’interno c’è il codice a barre che loro devono registrare ed è tutto finito cosi, sembra passato un attimo solo ed invece ho corso 1h e 20 minuti e mi dicono sia un ottimo tempo.
Non lo so se il tempo sia buono o meno, l’edizione di due anni fa aveva un percorso tutto diverso, sul versante opposto della montagna ma, comunque, non mi importa molto il tempo che ci ho messo, ho trovato dei percorsi da fare in mountain bike la prossima estate che sono uno spettacolo, tra boschi e sentieri di questa montagna poco lontana da casa mia.
Trovo il compagno di Iveta e rendo i bastoncini ringraziandolo.
Lei non è ancora arrivata e mi dispiace andarmene senza salutarla ma ho freddo e devo scendere fino alla macchina, e sono altri tre chilometri su quella strada scura e piena di buche e fango per cui è meglio che mi avvii.
Lungo la strada ascolto un po’ di musica e lascio correre i pensieri, sono serena e stò bene come ogni volta in cui mi metto in discussione.
Appena dopo i Due Roccoli la nebbia si presenta nuovamente spessa e fitta nascondendomi il bellissimo cielo stellato e sarà cosi fino ai Ciliegi; da li a casa in 5 minuti, una pulita sommaria agli scarponi ed il resto domani, adesso una calda doccia e sono già a pensare a cosa fare domani….
Perché qualche cosa devo fare.