La nuova squadra

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Atletica Franciacorta

Atletica Franciacorta


Il mio credo in queste parole

Il mio credo in queste parole


Il vero leone lo vedi solo fuori dal branco.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco ed i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza pers eguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo maggiore del solo respirare. solamente l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendita felicità.

(P.Neruda)

RICORDATI DI OSARE, SEMPRE!!!!


sabato 23 luglio 2011

Laghi di Cancano e Torri di Fraele

Sapevo neppure che ci fossero queste torri e lo stesso vale per i laghi di Cancano e San Giacomo, è proprio vero che qualche volta si conosce meglio il resto del mondi che casa propria.
Comunque torniamo alla scoperta di questi posti ed al come sono arrivata ad organizzare una trasferta fin quassù in Valtellina.
Lo scorso inverno ho partecipato, come ogni anno, a diverse corse con le ciaspole ed ho conosciuto Iveta, una ragazza polacca che vive a Corte Franca da anni ormai col marito.
Anche lei appassionata di bicicletta, me la sono vista arrivare un giorno in biglietteria con una guida sui percorsi più belli da fare in nord Italia in sella ad una mtb..mai regalo è stato più gradito!
Tra le tante proposte descritte su questa guida del Touring trovo il Paso dell’Alpisella e le fonti dell’Adda.
Mi hanno incuriosito subito e ne ho parlato con Dado, tornato in sella dopo quasi due anni di assenza ed in lui
ho trovato subito l’ok per questa escursione da organizzare in un giorno libero per entrambi.
E martedì mattina alle sei siamo partiti alla volta del passo dell’Aprica e Bormio.
Ci fa compagnia Alberto, nuovo iscritto al nostro gruppo ciclistico ed amico di Dado, ciclista da sempre ed appassionato delle lunghe uscite in sella come noi.
La giornata è un po’ grigia, le previsioni danno pioggia nel pomeriggio ma noi siamo ottimisti e sull’ottimismo appunto puntiamo la giornata.
Abbiamo iniziato a ridere appena partiti e devo dire che a furia di ridere quasi mi faccio la pipi addosso… e la causa di queste risate sono le cose piu stupide, vecchie canzoni cantate a squarciagola o lo squillo del cellulare di Alberto che trila ogni 5 minuti… lui ufficialmente è al lavoro!
Arriviamo ad Edolo ed una pausa caffé è necessaria a tutti e tre per svegliarci definitivamente, le brioche sono un optional per scaldarci visto che le temperature sono piuttosto bassine.
Dopo una buona mezz’ora si riparte verso il passo ed i suoi tornanti.
Faremo una deviazione verso la località Stazzona, perché secondo i ragazzi si risparmiano circa 20 km di strada, un tornante dietro l’altro stretti stretti e se si incrocia un'altra macchina bisogna stare attenti mica poco.
Troviamo anche un cartello lungo la strada, vendono patate mele e gouda, il frutto dell’ eterna giovinezza… non so bene cosa sia ma mi terrò informata sull’argomento!
Ci vorranno circa tre ore per arrivare a Bormio e risalire verso la Valdidentro e la località Isolaccia dove ci fermeremo a far rifornimento di panini con la mortadella ed a bere un caffé.
La signora del bar, gentilissima, mi regalerà una cartina della Valtellina dettagliata e veramente bella, con un sacco di percorsi da fare in bicicletta.
Via che si riparte verso le Torri di Fraele!
Beh uno spettacolo simile non me lo aspettavo di certo.
Due torri di pietra costruite a ridosso della pietra montana del Parco nazionale dello Stelvio, messe a far la guardia ai vecchi passi che collegavano la Valtellina all’Engadina ed alla Germania, facevano parte di una vecchia fortificazione ormai distrutta sul passo del Fraele, detto anche “delle scale” per le traversine di legno che, utilizzate come gradini, venivano appoggiate sullo scosceso roccione sottostante per facilitare il passaggio.
Guardandole dal basso verso l’alto pare di vedere una scena di un qualche film, adesso tanto di “moda” con le torri maledette abitate da un qualche stregone tipo Moldegord o roba simile… fanno un certo effetto, ed a tratti pare si confondano con la roccia della montagna.
Lungo quei lunghissimi tornanti che salgono fin lassù abbiamo visto decine di ciclisti, impegnati a domare quelle pendenze quasi impossibili su strapiombi da brivido dove i parapetti non esistono proprio.
Mi sono venuti i brividi guardandoli salire.
Superate le torri dopo un tunnel scavato nella roccia viva, ecco aprirsi una valle e si vede il piccolo lago di Scale e, costeggiandolo, si vedono in lontananza le due costruzioni, quella della A2A che gestisce il bacino artificiale dei laghi di Cancano e le dighe e la casa che ospita l’ufficio informazioni del Parco dello Stelvio e la scuola Nazionale di Mtb Alta Valtellina.
Parcheggiamo il furgone e ci guardiamo in giro: alcune macchine, persone che si preparano per una passeggiata, ciclisti che arrivano dalla sponda del lago e le dighe dalle dimensioni impressionanti.
Scopro che esiste una terza diga sommersa, segnalata sulle cartine informative e guardo il profilo del lago che abbiamo intenzione di seguire.
Non vi è nulla di particolarmente impegnativo ma l’altitudine rende tutto più complicato, arriveremo fino a 2250 metri oggi.
Fa freddo e meno male che mi sono portata il giubbotto invernale, peccato aver dimenticato i guanti invernali ma pazienza, vedrò di scaldarmi strada facendo.
Via che si parte.
Fiancheggiamo il lago sinistro del lago di Cancano fino alla diga ed è un continuo saliscendi su di una strada a volte in terra battuta altre su vecchio asfalto molto deteriorato e pieno di buche.
Da ogni lato si guardi si vede acqua scorrere e spesso dovremo “guadare” piccoli ruscelli che ci si parano di fronte sulla strada.
La diga centrale che separa i due bacini artificiali si delinea netta davanti a noi e non sono poi cosi tanti i chilometri che ci separano da essa.
Il vento è gelido ma poco alla volta pedalando ci si scalda.
Mi fermerò speso per fare delle foto ed i ragazzi mi aspetteranno oppure sarò io a doverli rincorrere ma siamo in vacanza oggi giusto?
Ed allora tutto con calma please!
Superiamo la diga e seguiamo la strada lungo il bacino di San Giacomo.
Un susseguirsi di piccole cascinette ristrutturate, casette dalle imposte colorate e ciclisti, tanti ciclisti come noi.
Alcuni sbucano dai passi che portano al lago della Mora oppure a Livigno, con pesanti zaini sulle spalle e vestiti decisamente da inverno… c’è la neve sui passi.
Noi continuano a seguire le indicazioni per la chiesetta di San Giacomo ed una volta raggiunta, decidiamo di andare a Pia de Grat…non ho idea di cosa sia ma ci piace il nome ed allora giù seguendoli sentiero, attraversando una pietraia e guadando tre fiumiciattoli che con forza vanno verso valle.
Vediamo la deviazione verso il passo dell’Alpisella e scopriamo che è parte del percorso della maratona delle Alpi di mtb. 144 km di sterrati su e giù dai passi alpini tra Italia e Svizzera.
Che spettacolo.
Altro fiume ed altro guado cercando di non bagnare le scarpe e non congelarci i piedi e poi su quella strada tra i pini e gli abeti in discesa per chilometri verso quella piana il cui nome ci ha colpito cosi tanto.Sarà una discesa divertente, lunga ed appagante e sono veramente tanti i ragazzi e le ragazze in mtb che incontreremo lungo il percorso.
Giunti in fondo alla piana si decide di tornare verso l’alto e di seguire il percorso originale per cui, ora, tutto in salita ma con calma si arriva in cima ed è passata più di un ora dalla deviazione e tre dalla partenza.
Si continua.
Ecco di nuovo la diga centrale che attraverseremo in bicicletta ma mi fa una strana impressione vedere a pelo d’acqua le rovine delle costruzioni sommerse, quelle che un tempo erano abitazioni ora sono solo lo spettro di esse.

Vi è anche una lunga costruzione credo pre-bellica, sembra un deposito o parte di una caserma, chissà cosa era in verità.
Circa a metà della diga vi sono delle costruzioni al cui interno si vedono lucine verdi e rosse, deve essere la centrale di comando, da qua controllano il deflusso delle acque e credo regolino lo stesso in caso di troppa o troppo poca acqua nell’invaso.
Giunti dal lato apposto rifacciamo la strada di prima verso nord per raggiungere il Rifugio di San Giacomo che avevamo visto al mattino e che ci è stato caldamente raccomandato da Albano per il fatto che si mangia benissimo… e noi ascoltiamo i consigli degli amici per cui all’una e mezza siamo seduti senza perdere di vista le nostre biciclette e ci facciamo consigliare da una gentilissima ragazza sulla cucina di casa.
E si parte con gli antipasti seguiti da polenta e stracotto, costine e salame ai ferri.. e vinello rosso.
Abbiamo cominciato a ridere alle due ed abbiamo smesso alle sei e mezza.
E per finire dolce della casa a base di mirtilli e more in salsa con la panna e grappa alle fragole!
Ed in discesa andavamo come Mandrake dopo, con la testa leggera ed il cuor contento che la metà bastava.
Ed abbiamo riso tanto ma tanto ma tanto.
Arrivati al furgone abbiamo riposto le biciclette, ci siamo cambiati e vestiti caldi con il riscaldamento acceso e siamo ridiscesi a valle ma la storia non finisce qua.
E no perché Alberto aveva in serbo una sorpresa, la visita ad un suo fornitore che a Bormio fa formaggi e salumi per cui, dopoaver scorrazzato tra i vitellini cosi carini dagli occhi languidi che mi guardavano strano, mi sono ritrovata in mano un sacchetto con un formaggio Scimudin o un nome cosi, uno yogurt da mezzo kg appena fatto alle fragole e una Slinzega che credo sia una specie di bresaola, il tutto condito con la simpatia ed un caffé dal padrone di casa!
E vaiiiiiiiiii.
Ed ora verso casa, cantando vecchie canzoni di Mal dei Primitives fino a piangere dal ridere, intervallate da Ska a tutta manetta con Dado che guidava ballando.
Che giornata ragazzi.
Il bello è che la vogliamo rifare perché è stata troppo bella ma vorremmo farla in due giorno con tanto di sconfinamento in Svizzera, pane e wurstel e ritorno.
Prima della fine di questa strana estate la facciamo, potete scommetterci.

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